AT ANY PRICE di Ramin Bahrani (2012)
Spesso accade che le maggiori contraddizioni di un paese possano essere smascherate meglio da qualcuno che ha conosciuto quel paese attraverso il filtro di un’altra cultura. Nemo propheta in patria, ma può essere vero anche l’esatto opposto. Il cinema è pieno di illustri demistificatori del mito americano che negli States hanno posto la loro dimora artistica d’elezione, da Billy Wilder a Elia Kazan. Altri sul suolo americano ci sono nati, ma da genitori che avevano attraversato l’oceano in cerca di una terra fertile dove piantare il proprio seme.
Nelle vene di Ramin Bahrani, autore di At Any Price in concorso a Venezia, scorre sangue iraniano, ma il suo cinema è un concentrato di valori (e disvalori) dell’America Profonda. Nato, nel 1975 a Winston-Salem, Nord Carolina, da due genitori iraniani, Bahrani, segnalatosi negli ultimi anni in diversi festival e rassegne internazionali, presenta al Lido il suo quarto lungometraggio, dopo il corto diventato fenomeno virale sul web Plastic Bag.
Green County, Iowa. Henry Whipple (un eccellente Dennis Quaid) è il titolare storico di un vasto commercio di sementi. Con il suo pragmatico saper fare e la sua esperienza tiene in gestione con profitto i campi di granturco di gran parte della contea. La sua maggiore preoccupazione è poter un giorno tramandare i suoi possedimenti e la sua attività ai due figli. Uno, il maggiore, sembra essersi allontanato definitivamente dalla famiglia e si limita ad inviare cartoline dal Sud America. L’altro, il più piccolo (Zac Efron), è attratto dai motori, e pare anche lui destinato a non seguire la strada tracciata dal padre e, prima, dal nonno. L’incrociarsi di diverse fatalità finisce per riavvicinare i membri della famiglia, ma la loro rinnovata unità costruisce le sue fondamenta putrescenti sul cadavere di un segreto indicibile.
Segnato significativamente da due momenti di grande invocazione collettiva “americana”, l’inno nazionale e il Padre Nostro, At any price si riallaccia all’ampio filone di cinema americano specializzato nel sottolineare gli aspetti più deteriori della società e della cultura statunitense. Intenti e tematica non certo originalissimi, ma che nelle mani di Bahrani riescono a dar forma ad un film di sicuro interesse. In questa storia di gioventù bruciata “mancata” ambientata in una remotissima Valle dell’Eden di campi di mais, la figura che più si imprime nella memoria è sicuramente quella del padre interpretato da Dennis Quaid, qui ad una interpretazione davvero convincente. Sua è la faccia di un ordinary man in camicia a scacchi che nasconde, dietro la sua maschera bonaria di simpatico ragazzone di provincia, il fardello inconfessabile di una colpa troppo grossa per poter essere lasciata in eredità a suo figlio. Ai figli tocca in dote il gusto ancora più amaro dell’ipocrisia, e la sensazione di essere nati al momento sbagliato, da una generazione di genitori totalmente incapaci di essere Padri.