BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE di Giacomo Campiotti (2013)
Quando nel 2010 Alessandro D’Avenia ha messo l’ultimo punto fermo prima di dare alle stampe il suo romanzo, Bianca come il latte, rossa come il sangue, probabilmente neppure lui stesso si sarebbe aspettato tanto successo, grazie all’eco violento del passaparola. Un libro toccante, ma anche ruffiano, capace di commuovere ma anche di lasciare qualche perplessità per una storia retorica e scritta su misura, a tavolino, senz’anima. Il film non si discosta molto dal romanzo, conservandone gli indubbi pregi, ma anche i molti difetti.
Leo (Filippo Scicchitano) è un liceale svogliato, con una migliore amica, Silvia (Aurora Ruffino), un migliore amico, Niko (Romolo Guerrieri) e un amore impossibile, Beatrice (Gaia Weiss). Due eventi cambieranno la sua vita: l’avvento di un professore (Luca Argentero) comprensivo e diverso dagli altri “vampiri diurni” e sapere che Beatrice è gravemente malata…
Attorno a Bianca come il latte, rossa come il sangue c’era molta aspettativa, nonché parecchi pregiudizi, sia positivi che negativi. Il prodotto finale non è da buttare, ma non è nemmeno un’opera memorabile, anche se portatrice – fin troppo didascalica a tratti – di valori edificanti con cui un adolescente può serenamente entrare in empatia, ma in cui appare tutto estremizzato, tutto molto ideale e sognante, e questo dà l’idea di costruito, pensato a tavolino per commuovere, per toccare le corde emotive, ma senza coinvolgimento. Senza dubbio tra i lati positivi c’è la parte maschile del cast, in cui il giovanissimo Filippo Scicchitano registra un ulteriore evoluzione dopo l’ottimo esordio con Scialla!, mentre Luca Argentero regala una prova recitativa ottima, interpretando un professore che qualunque studente vorrebbe avere. Beatrice e Silvia, nomi simbolici ma anche parecchio retorici, non reggono il confronto, mentre invece è apprezzabile Flavio Insinna nel ruolo del padre di Leo. La riflessione di D’Avenia, rispecchiata nelle parole del supplente, è senza dubbio lodevole, riflettendo sul ruolo dell’insegnamento con uno sguardo rivolto al futuro, con gli adulti ormai compromessi e i ragazzi che hanno ancora una piccola possibilità di salvarsi dal cinismo e dalla povertà intellettuale in cui viviamo, per coltivare sogni e lottare per realizzarli. Anche la storia di Beatrice e del suo rapporto con Leo potenzialmente porta a riflettere sul delicato tema della malattia, ma comunque nell’insieme il film stenta a decollare, non regala alcuna immagine indimenticabile o sequenze davvero notevoli, regalando guizzi solo nei dialoghi tra Scicchitano e Argentero. La narrazione scorre abbastanza fluida, a differenza di un intreccio che a tratti risulta scricchiolante, con troppe situazioni che risultano finte, alla ricerca della lacrima facile e che suonano come le frasi pronunciate dal professore e che Leo malsopporta: citazioni, frasi fatte per imbambolare ma che a volte risultano vuote.
Voto: 1,5/4