BILLY LYNN di Ang Lee (2016)
La Billy Lynn’s Half Time Walk può essere considerata davvero lunga: dal 1895 a oggi. Perché Ang Lee con questo film utilizza per la prima volta al mondo la più sofisticata tecnologia a disposizione per il cinema, cioè l’Ultra HD a 120 fotogrammi al secondo. Ci troviamo quindi davanti a un viaggio che comincia dalla prima proiezione dei Lumière. Ma siamo sicuri che la risoluzione massima corrisponda all’empatia massima? In questo caso, probabilmente, l’esperimento non è pienamente riuscito.
Billy Lynn torna in Texas dall’Iraq insieme ai commilitoni della squadra Bravo per un tour d’onore e la partecipazione allo spettacolo dell’half time di una partita di football. Una sua azione in battaglia particolarmente coraggiosa è stata ripresa da una telecamera abbandonata e lasciata accesa. Rientrato in patria come eroe decorato, Billy Lynn sperimenta i traumi che l’esperienza della guerra porta con sé.
Ma Ang Lee esattamente cosa ha cercato di fare? Il tentativo di connettersi profondamente col pubblico utilizzando l’Ultra HD fallisce nel momento in cui gli altri elementi del film vengono a mancare. La regia, infatti, non ha niente di innovativo. Le sequenze girate a Dallas sono statiche, quelle in Iraq caotiche. Il continuo passare dal presente al passato confonde lo spettatore, soprattutto perché la storia non si regge su una sceneggiatura solida. Quello che manca di più, però, e si sente, è l’approfondimento dei personaggi, i quali vengono inquadrati nei classici stereotipi e quasi abbandonati a loro stessi una volta inserito il pilota automatico.
Peccato, perché quella di Billy Lynn era una storia che valeva la pena raccontare bene: cosa succede a dei ragazzi giovanissimi partiti per una guerra fondamentalmente sbagliata, obbligati dal ricatto della mancanza di altre prospettive, e come questi ragazzi cambiano, si incrinano e a volte si spezzano. Tutte cose che l’Ultra HD non riesce, almeno in questo film, a restituire.
Voto: 2/4
Lucrezia Variale