EFFETTI COLLATERALI di Steven Soderbergh (2013)

Gli ultimi saranno i primi: si può sintetizzare così la (più recente) filmografia di Steven Soderbergh, regista che, da quando ha annunciato l’imminente ritiro dalle scene, sembra essere riuscito a riscattare una carriera a dir poco altalenante.

Presentato in concorso all’ultimo Festival di Berlino, Effetti collaterali, dovrebbe essere il suo ultimo lavoro per il grande schermo, anche se l’autore di Bubble tornerà al Festival di Cannes con Behind the Candelabra, un progetto pensato per la televisione e prodotto da HBO.

Thriller psicologico di stampo hitchcockiano, Effetti collaterali ruota intorno ai problemi di una giovane coppia newyorkese, Martin (Channing Tatum), da poco uscito dal carcere, ed Emily (Rooney Mara), afflitta da gravi problemi psichiatrici. Incapaci di trovare la giusta cura per la grave depressione della donna, i due si affidano alla sperimentazione, provando un nuovo farmaco suggerito dallo psichiatra Jonathan (Jude Law) che sembra dare grandi benefici a Emily. Ma quando la donna comincia a soffrire di sonnambulismo, la coppia viene travolta dal dramma e anche la vita di Jonathan verrà sconvolta. 

Steven Soderbergh non è nuovo a polemiche contro le superpotenze contemporanee: dopo l’attacco alle compagnie petrolifere di Erin Brockovich, questa volta si scaglia contro le multinazionali del farmaco e contro la loro indifferenza nel mettere a repentaglio la salute dei pazienti pur di mantenere floride le vendite dei loro prodotti.

 Ritmo elevato e numerosi colpi di scena per una pellicola che cresce fino a raggiungere un notevole climax tensivo. Come già aveva fatto con il precedente Magic Mike, il regista riesce a ottenere un impeccabile equilibrio fra suono e immagine, regalando anche una riflessione inquietante su una realtà, quella dello strapotere delle aziende farmaceutiche, particolarmente sentita nella società americana, dove già alcuni decenni fa si erano aperte pesanti polemiche sull’abitudine di somministrare antidepressivi e stimolanti a bambini in età scolare senza tenere conto dei possibili effetti collaterali.

 Se la regia, dinamica e priva di cali, avrebbe persino meritato l’Orso d’Argento al Festival di Berlino, non da meno è la performance della giovane Rooney Mara, entrata ormai di diritto nell’olimpo delle promesse del cinema americano.

Voto: 3/4