Far East Film Festival 2021: la recensione di LAST OF THE WOLVES
Asia e film di gangster vanno a braccetto da sempre, è cosa nota. E benché i cliché del genere siano fondamentalmente sempre gli stessi, l’Estremo oriente riesce ancora a regalarci grandi prodotti che mettono all’angolo l’80% del cinema americano. Ne è un esempio il formidabile yakuza movie Last of the Wolves di Shiraishi Kazuya, sequel del suo precedente The Blood of Wolves, tra i colpi di fulmine di questo Far east Film Festival. Nella Hiroshima del 1991, il poliziotto Hioka è invischiato fino al midollo nella mafia giapponese, colluso in particolare con la banda Odani, ma il suo scopo è mantenere la pace tra le gang. I guai iniziano quando viene scarcerato Uebayashi Shigehiro, ferocissimo gangster psicopatico che prende il potere e vuole vendicare la morte del suo boss, dichiarando guerra agli Odani. La tregua sfuma e il sangue scorre a fiotti, con il coinvolgimento di un giovane informatore che lavora per Hioka.
Con le sue due ore e mezzo di durata, Last of the Wolves è un kolossal del genere, un affresco del mondo malavitoso eccessivo e maestoso per durata, respiro epico, dosi di violenza. La fotografia sporca dona fascino a una Hiroshima cupa, corrotta, piovosa, in un succedersi continuo di efferatezze al limite del sopportabile. La regia di Shiraishi immerge lo spettatore in un vortice di atrocità, dove il gangster movie si contamina con la detective story e il mélo, e le sequenze memorabili sono tante.
Il doppio punto focale è costituito dai due protagonisti, dall’involuzione di Hioka e dalla staticità di Uebayashi. Il primo, da sbirro corrotto elegante e potente, diventa sempre più una pedina del gioco, un corpo martoriato, un antieroe oppresso dai sensi di colpa. Il secondo affascina e inquieta guadagnandosi un posto tra i villain più spietati di sempre (tanto per dirne una, ama strappare gli occhi alle vittime), a conferma di come il cinema giapponese non faccia sconti quanto a violenza. Il duello finale tra i due (forse debitore di Bullet in the Head) è strepitoso, il curioso epilogo una zampata poetica a un film splendido, imperdibile per gli amanti del genere.
Voto: 3,5/4
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