Far East Film Festival 2023, la nostra Top 10
A cura di Valeria Morini e Matteo Soi
Chiudiamo il nostro speciale sul 25esimo Far East Film Festival con la nostra personale Top Ten tra i titoli che abbiamo visto. Da sempre quello di Udine è uno dei nostri festival preferiti, un’occasione unica per seguire (da qualche anno anche online, per fortuna) una cinematografia variegata e affascinante come quella dell’Estremo Oriente. Ecco dunque i nostri favoriti, nella speranza di un’uscita in sala e in attesa del prossimo Feff che si terrà dal 19 al 27 aprile 2024.
Abang Adik (Malesia)
Vivere e morire a Kuala Lumpur. La metropoli tentacolare è il teatro di una coinvolgente e disperata storia di due fratelli che rincorrono la speranza di far parte un giorno di quella stessa società che li vede come qualcosa di cui sbarazzarsi. Jin Ong tiene saldamente le redini di un’opera prima sorprendente che colpisce, precisa, dove fa più male e commuove senza mai essere ricattatoria.
The Sales Girl (Mongolia)
Liberarsi dagli strati per ritrovare se stessi, scaricare una zavorra di cui non ci siamo fatti carico volontariamente per rimetterci al passo con quello che il futuro ci può prospettare. The Sales Girl racconta di come una giovane universitaria e una matura proprietaria di un sexy shop trovano l’una nell’altra quel che serve per prendere il controllo delle proprie vite.
She Is Me, I Am Her (Giappone)
Quattro storie, quattro donne (tutte interpretate dalla bravissima Nahana) per raccontare la vita durante la pandemia, per tracciare una linea netta tra il modo in cui affrontavamo la quotidianità (le amicizie e gli amori, in primis) prima e dopo distanziamento sociale e mascherine.
A Light Never Goes Out (Hong Kong)
La nostalgia può essere ingannevole perché ci lega al passato rendendoci incapaci di percepire in maniera obiettiva il presente. A Light Never Goes Out non è un film nostalgico ma è un film sull’importanza del ricordo come chiave per rendere qualcosa o qualcuno, immortale. Un omaggio ad Hong Kong e ai suoi artigiani che attraverso le luci ne hanno reso la skyline notturna davvero unica.
Gaga (Taiwan)
Tradizione è la parola chiave di Gaga ed anche il suo effettivo significato. Tradizione è ciò che tiene unita la famiglia protagonista, appartenente alla più antica popolazione autoctona dell’isola di Taiwan. E mentre la memoria, la ritualità, le consuetudini rischiano di perdersi generazione dopo generazione, spetta ai più giovani farsi carico di un’eredità inestimabile mentre il progresso si fa strada sgomitando.
Deleter (Filippine)
L’horror si dimostra ancora una volta genere perfetto per affrontare tematiche sociali. Pur stringendo la mano alla ghost story così cara al cinema di genere asiatico, Deleter ci parla di una società dall’empatia avvizzita, che di fronte al dolore come prima cosa prende in mano il cellulare. “Ignora” o “cancella” è come un mantra che la protagonista ripete meccanicamente di fronte al proprio pc nella prigione moderna e senza sbarre che ci siamo costruiti intorno e dalla quale non possiamo scappare.
Your Lovely Smile (Giappone)
Il regista Watanabe Hirobumi interpreta se stesso mentre, fallita miseramente la possibilità di girare un film su commissione, prende la bizzarra decisione di attraversare il Giappone da sud fino all’estremo nord per trovare sale cinematografiche che possano proiettare una retrospettiva dei suoi film. Your Lovely Smile è una dichiarazione d’amore allo spirito indipendente del cinema e ai suoi autori. Ma l’amore è anche per tutte le piccole sale cinematografiche sopravvissute al progresso, ai multiplex, ai servizi di streaming e al lockdown.
The Sunny Side of the Street (Hong Kong)
L’incontro tra un burbero tassista alcoolizzato e xenofobo, con qualche rimpianto sul suo ruolo di padre, e un piccolo rifugiato pakistano in una Hong Kong multietnica ma non così accogliente si trasforma in un’amicizia unica. Non c’è retorica o facile pietismo nel film di Lau Kok-rui, ma solo un impianto quasi neorealista e tanta tenerezza. Se proprio non vi bastasse, ecco la garanzia: il sempre iconico Anthony Wong nel ruolo del protagonista.
You & Me & Me (Thailandia)
Due gemelle adolescenti quasi indistinguibili e un ragazzo tra loro. Una storia dolcissima di crescita e un rapporto speciale, una simbiosi quasi inscindibile: ne parla chi conosce bene l’argomento, dal momento che il film thailandese è diretto dalle registe gemelle Wanwaew e Waewwan Hongvivatana.
Emergency Declaration (Corea del Sud)
Pur nei limiti della sua natura commerciale, Emergency Declaration rientra in quel cinema coreano di intrattenimento che mostra i muscoli e dà lezioni ai cugini in Occidente. Due ore abbondanti durante le quali veniamo trascinati tra cielo e terra cavalcando con furbizia le grandi paure dei nostri tempi. Un cast stellare completa la ricetta per un blockbuster asiatico servito su di un piatto d’argento.
– MENZIONE RETROSPETTIVA –
CURE (Giappone)
Kiyoshi Kurosawa matura il suo talento tra tv e V-cinema e sull’onda del grande successo de Il Silenzio degli Innocenti, scrive e dirige nel 1997 quello che sarà il suo lungometraggio cinematografico che porterà la sua notorietà oltre i confini nazionali. Come nel film di Demme, anche in Cure c’è un detective che da la caccia ad un serial killer, ma alla fine il vero obiettivo è mostrare e raccontare cosa si cela anche dentro la più rispettabile delle persone quando vengono “curate” dai limiti imposti dalla società o dalla morale.
FEFF25 – I vincitori
Ecco infine i premiati ufficiali.
GOLDEN MULBERRY AWARD
ABANG ADIK
Di Jin ONG, Malaysia
media di 4,62
SILVER MULBERRY – 2° POSTO
REBOUND
di CHANG Hang-jun, South Korea
media di 4,60
SILVER MULBERRY – 3° POSTO
YUDO
di SUZUKI Masayuki, Japan
media di 4,25
BLACK DRAGON AWARD
ABANG ADIK
Di Jin ONG, Malaysia
media di 4,54
PURPLE MULBERRY MYMOVIES
THE SALES GIRL
Di Janchivdorj SENGEDORJ, Mongolia
media di 4,42
MIGLIOR SCENEGGIATURA
DAY OFF
Di FU Tien-yu, Taiwan
MENZIONE SPECIALE
MIGLIOR OPERA PRIMA
LOST LOVE
Di KA Sing-fung, Hong Kong
MIGLIOR OPERA PRIMA
GELSO BIANCO
ABANG ADIK
Di Jin ONG, Malaysia