Far East Film Festival 2023, la recensione di She Is Me, I Am Her
Quattro episodi per raccontare la vita ai tempi del Covid, ma soprattutto quattro storie sulla solitudine, i rimpianti, il bisogno d’amore, le fragilità umane che la pandemia non ha fatto che enfatizzare e rendere più difficili da affrontare. La regista Nakamura Mayu si inserisce nel solco del recente cinema giapponese più intenso e intimista che sta raccogliendo grandi risultati a livello internazionale, da Hirokazu Kore’eda a Ryusuke Hamaguchi. Questo She Is Me, I Am Her, presentato al Far East Film Festival 25, nasce da un cortometraggio cui se ne sono aggiunti altri tre, per formare un film antologico dalla durata risicata (solo 69 minuti, che appaiono quasi una scelta controcorrente in un momento in cui nel cinema pare che il minutaggio diluito e torrenziale sia una conditio sine qua non).
Nel primo, tre ex compagni universitari si ritrovano dopo 25 anni in una videocall durante la pandemia, a ricordare i tempi andati e a confessare segreti su una quarta amica, assente. Seguono la storia di una donna sola che instaura un curioso rapporto con il rider che le consegna i pasti, quella di una sex worker che fa amicizia con una senzatetto e l’incontro tra una non vedente e un giovane che forse non è chi dice di essere. Tra mascherine e incontri a distanza, il bisogno di contatto umano si fa palpabile proprio perché più complicato e in esso ritroviamo un barlume di speranza in questi tempi. Che il Covid sia un pretesto o il nucleo della narrazione conta poco, perché She Is Me, I Am Her è un film di un’attualità lampante eppure al tempo stesso universale, un po’ come come lo era al precedente Far East Film Festival One Day, You Will Reach the Sea, che riusciva a combinare con armonia ammirevole una storia personale con il ricordo di un lutto collettivo come quello dello tsunami del 2011.
Di una sensibilità disarmante, vicino al teatro sia per impostazione che per i riferimenti al mondo del palcoscenico, il film è un saggio della capacità di lavorare a budget ridottissimo e in unità di tempo e spazio, particolarmente riuscito soprattutto nel primo episodio e nel terzo (a parere di chi scrive: ognuno si scelga il preferito, in base alle proprie inclinazioni). Non ultimo, è da segnalare la presenza della stessa attrice in tutti e quattro gli episodi: la straordinara Nahana interpreta altrettanti personaggi diversissimi tra loro, con la medesima forza e intensità.
Voto: 3/4