I MAGNIFICI 7 di Antoine Fuqua (2016)

 

La piccola cittadina di Rose Creek è piegata dalla tirannia del crudele magnate Bartholomew Bogue (Peter Sarsgaard), che intende scacciarne la popolazione per sfruttare la vicina miniera d’oro. La giovane vedova Emma Cullen (Haley Bennet) decide dunque di assoldare sette fuorilegge e mercenari per liberare una volta per tutte la propria gente dallo spietato oppressore.

Presentato in chiusura alla 73esima Mostra del Cinema di Venezia e in apertura al Toronto International Film Festival 2016, I Magnifici 7 di Antoine Fuqua è un prodotto commerciale che, a ben guardare, di magnifico ha davvero poco.

Limitandosi a riprendere in mano il modello di riferimento (l’omonimo western di John Sturges, anno 1960, a sua volta remake di I sette samurai di Akira Kurosawa, 1954), la pellicola di Fuqua finisce per appiattirsi su scelte registiche e narrative totalmente impersonali e inespressive. Non che la scelta del semplice remake sia del tutto criticabile: andare con i piedi di piombo, senza scardinare troppo in profondità l’assetto del predecessore, può anche essere interpretato come un atto di riverenza nei confronti di un genere che, a tutti gli effetti, ha fatto la storia del cinema americano.

Ma ciò che ci si aspetta da un omaggio così poco osato, soprattutto quando si parla di western (e di conseguenza di tutto quel sistema di valori che ne ha da sempre caratterizzato dinamiche e personaggi), è almeno una vena di malinconica memorabilità, cosa che qui viene completamente a mancare.

Tuttavia, se ci si rapporta alla pellicola con un occhio meno risentito, vi si può riconoscere anche qualche pregio, o perlomeno una sorta di umiltà: I Magnifici 7 è a tutti gli effetti un blockbuster (e non sembra pretendere di assurgere ad altro) e come tale possiamo dire che funzioni abbastanza. Accade così che nello scontro finale fra “buoni” e cattivi il più classico duello denso di sguardi e fronti solcate dal sudore ceda il posto alla caotica e corale sparatoria incorniciata da esplosioni; che ai volti rozzi e a tratti grotteschi dei pistoleri si sostituisca il fisico forte dell’adone Christ Pratt; che sulla caratterizzazione (fisica e psicologica) dei singoli prevalga la partecipazione collettiva e più anonima.

Un peccato, soprattutto se si considerano l’apporto alla sceneggiatura di un nome come quello di Nic Pizzolatto (True Detective) e un cast d’eccezione che vanta i nomi, oltre a quelli già citati di Peter Sarsgaard e Chris Pratt, di Denzel Washington (personaggio cardine, ma forse addirittura il più a disagio nei panni del cowboy – cacciatore di taglie), Ethan Hawke, Vincent d’Onofrio, ecc.

Ennesima (ed evitabile) goccia in quel mare di sequel e remake ultimamente sfornati quasi compulsivamente.

Voto: 2/4

Viola Franchini