IL CAPITALE UMANO di Paolo Virzì (2014)
Dopo due film importanti e riusciti (Tutta la Vita Davanti e La Prima Cosa Bella) e uno abbastanza modesto (Tutti i Santi Giorni), Paolo Virzì cambia decisamente registro e decide di adattare per lo schermo Il Capitale Umano, romanzo dello scrittore americano Stephen Amidon, prendendo il rischio più grande della sua carriera. Il risultato è uno dei migliori lavori della sua filmografia e forse il film che più di ogni altro, negli ultimi anni, riesce a raccontare l’Italia contemporanea, tra post-berlusconismo e crisi economica-istituzionale.
Partendo da un misterioso incidente stradale che fa da perno a tutto il racconto, il film racconta l’intrecciarsi di tre storie ambientate nella Brianza lombarda. Nella prima, Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio), immobiliarista bramoso di ascesa sociale, investe tutti i suoi risparmi nei titoli della fondazione di Carlo Barnaschi (Fabrizio Gifuni), padre del fidanzato di sua figlia. Nella seconda, la moglie di Barnaschi (Bruni Tedeschi) si innamora di un teatro abbandonato e decide di darsi al mecenatismo. Nella terza, la figlia di Dino Ossola (Gioli) lascia il figlio di Barnaschi (Pinelli) e conosce Luca (Anzaldo) ragazzo problematico ma sensibile. Queste tre vicende finiranno per collidere la sera del misterioso incidente stradale che apre il film.
Virzì, insieme agli storici collaboratori Bruni e Piccolo, trasporta il romanzo di Amidon dalla provincia americana del Connecticut alla Brianza, facendone uno specchio crudele e beffardo di quell’Italia teoricamente virtuosa ma in realtà volgare ed arrivista che ha portato il paese sull’orlo della bancarotta. Attraverso il film, infatti, emerge chiaro il ritratto di un default culturale prima che economico, prodotto da una generazione che ha dissipato tutto ciò che ha ricevuto dai padri e ha rovinato il futuro dei propri figli, pensando che la scorciatoia e l’aggiramento dell’ostacolo fossero il modo più saggio attraverso cui affrontare la vita. Quello del Capitale Umano è un ritratto cupo e feroce dell’Italia di oggi, la cui rinascita, come suggerisce l’ultima scena, viene affidata con speranza ai giovani, in un passaggio di testimone generazionale che fa intravedere una scintilla di ottimismo. A questa efficace architettura metaforica, comunque, si somma un film dalla forza narrativa unica, con un lotto di personaggi perfetti e memorabili e con un intreccio geniale che tiene con il fiato sospeso fino all’ultimo minuto. Il Capitale Umano è dunque una dramedy con venature thriller che sa cogliere in modo davvero unico lo spirito dei tempi e che dimostra, una volta per tutte, la raggiunta maturità artistica di Paolo Virzì. Se tra 20 anni si vorrà capire com’era l’Italia nel 2013, si potrà benissimo cominciare guardando questo film.
Voto: 3/4