Il fenomeno JAMES BOND, 50 anni di un mito

 

JamesBondIan Fleming dà vita al personaggio di James Bond nel 1952 con il romanzo Casinò Royale, a cui fa seguire, con cadenza quasi annuale, una decina di altri romanzi fino al 1964, anno della prematura morte dell’autore stesso.

Il folgorante esordio sul grande schermo è invece del 1962 e, dopo cinquant’anni esatti dalla prima apparizione, la saga di 007 è giunta ora al ventitreesimo episodio, la cui trama è ancora top-secret: è certo, comunque, che Skyfall uscirà nelle sale il 9 Novembre 2012.

La popolarità su vasta scala di James Bond è sicuramente merito del cinema che, nella prima metà degli anni ’60, lo consacra a vero e proprio fenomeno culturale. Nel corso degli anni, l’hanno interpretato sei attori diversi, ognuno dei quali è riuscito a mettere in evidenza un particolare aspetto della personalità del personaggio. Al servizio segreto di Sua Maestà si sono alternati nell’ordine: Sean Connery, George Lazenby, Roger Moore, Timothy Dalton, Pierce Brosnan ed infine Daniel Craig. I film dell’ era Craig, attraverso l’espediente, peraltro abbondantemente sfruttato anche in altre saghe, di proporre la genesi del personaggio, ci mostrano un James Bond dal grilletto facile, la cui esuberante violenza è solo in parte ammorbidita da un fosco romanticismo di fondo.

Fleming propone un eroe che viene adottato da un gran numero di persone, uomini che vorrebbero agire come 007, uomini che aspirano a vincere come 007, donne che sognano di essere amate da 007. Le avventure del celebre agente segreto con licenza di uccidere, in quanto romanzi, sono letteratura d’evasione, ma è noto che la letteratura d’evasione ha frequentemente detto sulla realtà qualcosa di più di quanto sia mai riuscita a dire l’opera volutamente realistica. Se questo non fosse vero, sarebbe difficile spiegare il successo dei film della serie di James Bond, che vanta l’invidiabile primato di essere la più longeva della storia del cinema.

Il contesto sociale in cui le pellicole si sono inserite è mutato profondamente nel corso dei decenni, ma la grande forza di James Bond è sempre stata quella di essere lo specchio della società in cui era calato, riuscendo in ogni avventura ad individuare le istanze provenienti dal grande pubblico. Se da un lato quindi “il prodotto culturale Bond” influenza il pubblico, è altresì vero che i mutamenti storico-sociali plasmano a loro volta le azioni, i comportamenti, le attitudini del personaggio stesso. Negli anni ’60 preoccupava i comunisti che vedevano in James Bond un simbolo della violenza fascista e dell’alienazione capitalistica, inquietava i cattolici angosciati dalla sua immoralità, infastidiva i “benpensanti” che lo consideravano uno snob esibizionista. Per tutto il decennio si è disquisito nel tentativo di trovare connotazioni politiche alle avventure della celebre spia. Oggi quell’approccio sembra ormai superato, ma i film di 007 sollecitano ancora riflessioni sulle tensioni internazionali. Tutta la storia degli ultimi cinquant’anni potrebbe essere letta attraverso gli episodi di James Bond (e a ritroso attraverso i romanzi di Fleming): la Guerra Fredda, il confronto tra blocchi, i conflitti locali nel Sud del mondo, l’Afghanistan ed il Medio Oriente, ad esempio. Ovviamente, dal punto di vista dell’Occidente che si propone come faro e guida in difesa della Giustizia. Negli anni, ideologie e schematismi hanno comunque lasciato il posto ad un’interpretazione più “leggera” delle gesta dell’agente 007, sottolineandone le finalità “di entertainment puro, di favola , Ian Fleming è uno scrittore che unisce all’abilità degli intrecciavventurosa che si esaurisce in sé stessa, senza implicazioni ideologiche” (Morando Morandini).

I fattori che determinano l’affermazione del “fenomeno Bond” sono molteplici. Sicuramente uno dei motivi fondanti è l’innovazione che Fleming propone nel delineare il personaggio stesso: grazie a lui, la spia perde del tutto le sue caratteristiche tradizionali, che lo volevano brutto, furtivo e traditore. Il mestiere di agente segreto sembra soddisfare pienamente il desiderio di evasione e quello di ricchezza, la voglia di avventura e quella di violenza, e pare a molti un’ottima soluzione per l’avvenire, una carriera tra le più brillanti, una professione emozionante e insieme molto redditizia, per la quale vale certo la pena di correre qualche rischio. Come mai allora fra gli estimatori dei libri di Fleming troviamo grandi personalità, come per esempio J.F.Kennedy, Thomas Eliot e Graham Greene? In primo luogo, Ian Fleming è uno scrittore che unisce all’abilità degli intrecci, cura psicologica e realismo; in secondo luogo, si tratta di puro intrattenimento dove si scaricano le tensioni di un mondo violento. Nel 1962 scriveva sul “DailyTelegraph”: “Non ho nessun messaggio per l’umanità sofferente e, sebbene a scuola sia stato tiranneggiato e abbia perso la verginità nel modo in cui molti di noi usavano perderla ai vecchi tempi, non ho mai avuto la tentazione di imporre ai lettori queste o altre laceranti esperienze personali. I miei libercoli sono scritti per eterosessuali dal sangue caldo che si trovano in treno, sull’aeroplano o a letto. […] Le mie trame sono fantasiose, pur basandosi sulla verità. Vanno assai oltre il probabile, ma non penso oltre il possibile”.

Nella prima metà degli anni ’60, James Bond diventa un personaggio esemplare in Italia e non solo, un elemento di riferimento comune nei discorsi della gente, il suo nome è simbolico ed eloquente come quelli di Ercole, Casanova, Sherlock Holmes e Don Giovanni. Quando il popolare settimanale “Sorrisi e Canzoni TV” comincia a pubblicare una grande inchiesta sullo spionaggio, alla redazione arrivano migliaia di lettere. Casalinghe, giovanotti di provincia, pensionati, bambini, impiegati e cameriere, vogliono avviarsi alla carriera di spia internazionale, vogliono sapere dove e a chi bisogna rivolgersi per diventare agente segreto, chiedono tutte le informazioni del caso: quanto si guadagna, danno la macchina, che età bisogna avere, è necessario essere scapoli, quanto costano i corsi di spia, si possono seguire per corrispondenza, e cose simili. L’unico dubbio moralistico è quantitativo: “Entrando a far parte del servizio segreto, quante persone bisogna uccidere ogni anno?”.

Le canzoni tratte dalle colonne sonore arrivano subito nei primi posti nella classifica di vendita dei dischi. La sera della prima di una proiezione a Milano, la polizia deve intervenire per sedare la foga degli spettatori che vogliono entrare ad ogni costo e vengono addirittura alle mani per conquistare un posto; a Roma, il film Goldfinger viene proiettato di continuo per alcuni mesi, ottenendo il tutto-esaurito in quattro cinema di prima visione. I giornali dedicano a James Bond sempre più spazio, ne riassumono i gusti e le abitudini, ne esaltano l’innegabile fascino.

James Bond definisce un archetipo che è la somma di alcuni aspetti tipici di molti uomini contemporanei. “E’ l’eroe di un tempo senza ideali, ma non senza miti, speranze e tensioni spasmodiche. Miti e speranze di successo, di ricchezza, di potenza, di avventura” (FaustoAntonini). L’unico “valore” nel mondo senza valori di 007 è il benessere, che passa sopra a vincoli sociali e personali. Tutto ruota attorno alla sensualità, al godimento ed al piacere.

I nemici di Bond sono descritti come dei folli di stampo classico, ovvero come dei geni del male con l’hobby di conquistare il mondo. Il valore su cui basano la loro attività criminale è il potere, anche a costo di sacrificare vite umane, esercitato attraverso pratiche di controspionaggio, terrorismo, ritorsione ed estorsione. Vi è una rigida divisione buoni/cattivi.

Le donne ricoprono ruoli fortemente codificati: incarnano la debolezza, a volte solo apparente, dell’animo umano e spesso sono dei puri oggetti di piacere per chi esercita il suo potere su di loro. La crescente emancipazione femminile si è rispecchiata anche nelle avventure di James Bond, tanto da ridurre drasticamente negli anni questa carica misogina, a favore di una visione più moderna.

James Bond si propone sempre di difendere la pace e di garantire “la salvezza del mondo”, obbedendo ad ordini che gli vengono commissionati dal capo dei servizi segreti inglesi M. In ogni avventura sono presenti elementi connotativi ricorrenti che permettono agli spettatori di capire subito quale sia il ruolo e la funzione di ciascun personaggio. L’agente segreto, che opera individualmente o al massimo con l’aiuto di poche altre fidate persone, si scontra con nemici apparentemente imbattibili, a capo di organizzazioni gerarchicamente strutturate e diffuse su scala mondiale. I luoghi in cui si svolgono le vicende non sono mai casuali: “i buoni” si muovono in location esotiche con a disposizione tutti i confort possibili e si trovano sempre e comunque a loro agio; al contrario, “i cattivi” tramano i loro progetti in luoghi sinistri e presumibilmente isolati.Questa tendenza, nel corso degli anni, risulta sempre meno marcata, a vantaggio di una visione del Male come presenza che permea la società. Lo status sociale di James Bond è espresso attraverso simboli ben precisi: è amante della bella vita, ha un bagaglio culturale molto ampio derivante dai suoi studi universitari, eccelle in tutti gli sport, si circonda di beni preziosi quali auto di lusso o abiti di taglio sartoriale, è membro di club esclusivi. Tutto questo concorre a far sì che lo spettatore medio possa vivere un’avventura che esuli dai suoi standard abituali.

James Bond è, in una cultura globalizzata, un individuo isolato in continua lotta, senza legami affettivi forti ed il suo mito finisce per proporci, idealizzandolo,  l’attivo contributo della persona singola, la sua creatività e la sua indispensabilità.

 

               

 

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