LA BELLA E LA BESTIA di Bill Condon (2017)
La Disney, dopo 26 anni, riporta sui grandi schermi con un remake live-action il film d’animazione La Bella e la Bestia tratto dalla fiaba di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont.È la storia eterna della giovane e ribelle Belle, Emma Watson (la saga di Harry Potter, Noah) ritenuta diversa, stramba, dai suoi stessi compaesani, che, tentando di salvare il padre, entrato inavvertitamente nel giardino della Bestia per raccogliere una rosa, è costretta a rimanere al suo servizio. Eppure sarà forse proprio lei l’unica a vedere la bontà e la gentilezza nel cuore del mostro e a spezzare un terribile incantesimo.
Il regista Bill Condon riesce a realizzare un bel film, che porta lo spettatore in quel mondo che non è cambiato e che volentieri rivediamo. Eppure di tutto il Live-Action è la Bestia (Dan Stevens, Matthew di Dowton Abbey) a non convincere: sembra davvero essere più una bestiolina, decisamente inespressiva, troppo dolce e mansueta per essere una creatura segnata da anni di solitudine. Nulla in confronto alla creatura del lungometraggio del 1991, ottimamente ben caratterizzata spaventosa, simpatica, triste e gioviale al tempo stesso. Se da una parte la bestia non convince, dall’altra parte gli altri personaggi sono ben rappresentati, grazie indubbiamente anche a un cast stellare che vede Emma Thompson (Nel nome del padre, Saving Mr Banks), Ian Mckellen (X-Men, Il Signore degli Anelli) e Stanley Tucci (Il diavolo veste Prada, Il caso Spotlight, la nuova serie tv Feud) e ad ottimi utilizzi delle nuove tecnologie che rendono bene anche i più piccoli gesti degli oggetti-servitori, rendendoli quasi effettivamente “Vivi”.
La scelta di non discostarsi poi troppo dall’originale è un giusto omaggio al film d’animazione che fu candidato anche agli Oscar, ma piccoli cambi positivi e negativi ci sono e si fanno sentire. Come anche l’aggiunta di un personaggio apertamente gay, Le Tont. Un piccolo passo che però ci fa comprendere come la Disney sia sempre attenta ai temi di stretta attualità, omaggiando, chissà, anche lo scrittore e autore di canzoni della pellicola d’animazione originale Howard Ashman, morto di AIDS nel 1991.
Come in quasi tutti i film Disney le canzoni ci sono, forse anche troppe, sono belle da ascoltare e affascinanti da vedere: piene di luci e colori. È anche vero che il musical è stato il marchio di fabbrica che ha reso celebre la casa cinematografica, ma in questo caso il troppo storpia, non permettendo di conseguenza un’analisi psicologica più approfondita, ma quasi stereotipando i personaggi in “Tipi”.
La Disney ha deciso di continuare la serie dei live action iniziata con Alice in Wonderland, Maleficent e Cenerentola, evitando, saggiamente, di non storpiare troppo il racconto per farci ri-sognare di nuovo con una storia semplice eppure sempre di attualità, riuscendo a realizzare un buon film che certo ha dei difetti. La decisione di seguire la trama iniziale, apportando piccole modifiche risulta comunque essere la carta vincente. Ci viene riproposta una storia già nota, ma con insegnamenti, idee e valori che mai come oggi sono importanti, in un mondo più diviso che mai, dove si addita l’altro come diverso e mostruoso, senza mai osare guardarsi allo specchio.
Voto 2/4