LA COSA di Matthijs van Heijningen Jr. (2011)
Antartide, 1982. Una spedizione di scienziati norvegesi rinviene nascosta sotto i ghiacci una nave aliena ed una creatura che probabilmente ha viaggiato al suo interno. Per esaminarla viene contattata una paleontologa americana ma quella che si pensava essere al scoperta del secolo si rivelerà un pericolo di natura globale.
E’ quasi un remake camuffato da prequel quello diretto da Matthijs van Heijningen Jr. che, nonostante ci provi, non riesce a mascherare quella presunzione tutta hollywoodiana nel voler rimettere mano tanto ai classici quanto ai cult. E la cosa risulta ancora più fastidiosa quando a diventare oggetto di questo modo di fare cinema vuoto e privo di nuove idee, sono film come La Cosa di John Carpenter che, nonostante gli anni che portano sulle spalle, dimostrano di saper invecchiare in maniera a dir poco superba.
Esordio difficile quindi per Heijningen Jr. che al suo primo lungometraggio si trova a confrontare con un gigante scegliendo come approccio quello di non procedere con un taglio netto al passato ma anzi dare a gran parte del film un certo look retrò in linea con il film originale. Dal logo Universal fino al minimo dettaglio scenografico, tutto sembra votato a questo intento che viene sfortunatamente abbandonato quando l’ azione si sposta nella nave aliena, ma soprattutto quando la creatura si manifesta per la prima volta: lo spettacolo artigianale del film di Carpenter, che ancora oggi lascia stupefatti per la qualità nella realizzazione dei disturbanti concept alieni, cede qui il posto ad una fredda computer grafica che non riesce a sembrare niente di più che una pallida imitazione. Ma in effetti è proprio tutto il film che cerca di imitare il suo predecessore cercando, ad esempio, di riproporne fedelmente lo sviluppo narrativo, di ricreare quel malsano senso di paranoia che serpeggia tra i protagonisti e quell’ inquietante sensazione di essere braccati da un nemico senza volto, perno intorno al quale Carpenter ha costruito alcuni dei suoi film più famosi.
Manca infine un protagonista solido come Kurt Russel di fronte al quale la giovane Mary Elizabeth Winstead (la Ramona Flowers di Scott Pilgrim Vs. The World) non può certo reggere il confronto. Degna di nota invece, la sequenza durante i titoli di coda, collegamento diretto con la pellicola dell’ 82, se non altro perché permette di lasciarci alle spalle questo discutibile progetto invitandoci quasi a guardare ancora una volta il film originale.