LE VERITÀ di Hirokazu Kore-eda – La recensione
Lumir (Juliette Binoche) torna a Parigi con suo marito (Ethan Hawke) e la piccola figlia per festeggiare l’uscita dell’autobiografia di sua madre Fabienne, famosa attrice francese (Catherine Deneuve). La visita coincide con le riprese di un film di fantascienza incentrato sulle dinamiche genitoriali, in cui Fabienne interpreta il ruolo della figlia: questo porta a galla vecchie verità e confessioni rimaste fino ad allora nascoste.
Per la sua prima esperienza fuori dal Giappone, Hirokazu Kore-eda sceglie la Francia e i volti di due attrici che incarnano una parte della storia cinematografica del paese. Il regista, dopo la vittoria della Palma d’Oro a Cannes nel 2018 con lo splendido Un affare di famiglia, in Le verità (film d’apertura alla Mostra di venezia 2019) ragiona ancora una volta sulle relazioni che si creano all’interno dei nuclei familiari, siano esse biologiche o meno, e lo fa dando spazio soprattutto alle figure femminili.
La vicenda costruita da Kore-eda mischia realtà e finzione, magia e bugia. Intrecciando il mondo del cinema con quello privato e domestico, il regista ragiona su come questi si possano influenzare a vicenda: il personaggio della Deneuve è un’attrice e poi una madre, una composizione di parti diverse tra cui però prevale sempre il lato più professionale. La Binoche, d’altra parte, dà vita a un personaggio risentito ma premuroso allo stesso tempo.
L’opera prende le mosse dal rapporto fra le due donne in quanto madre e figlia ma, con lo svolgersi dell’azione, cambia le carte in tavola, mostrandoci Fabienne nel ruolo della figlia (che sta intepretando sul set) e Lumir in quello di genitore (nel suo rapporto con Charlotte).
In questa dinamica quasi chiastica di inversione delle parti, si inseriscono altre figure: su tutte svetta quella di Manon, che recita nel ruolo della madre di Fabienne. La giovane viene definita da tutti come la sosia di Sarah, una grande amica di Fabienne e, a tratti, “mamma” più presente per Lumir, suicidatasi da tempo.
Le tensioni collegate a questo lutto irrisolto permeano la maggior parte della pellicola per poi trovare una soluzione, anche se effimera e momentanea, in una delle ultime sequenze.
Il film scorre in modo fluido, senza picchi né cadute esagerate, regalando sorrisi e qualche risata, soprattutto grazie al personaggio della Deneuve che ha battute come “Mai fidarsi di una donna a cui piacciono i gatti” o “Mi è venuta la nausea, ma chi l’ha detto che la macchina da presa deve muoversi così tanto?”.
Kore-eda firma una pellicola che non riserva grosse sorprese ma che lo conferma come un acuto interprete delle varie sfaccettature e declinazioni che possono avere i legami familiari.
Voto: 2,5/4
Francesca Sala