Child of God: da McCarthy a James Franco
Con Child of God, James Franco ha dato dimostrazione della sua bravura, riuscendo a imprimere la sua firma cinematografica. Il regista conferma di saper girare film rischiosi (oltre alle altre infinite attività che svolge nel mentre, come studiare, insegnare, vedere pellicole e criticarle, sceneggiare, recitare, e probabilmente anche respirare), non tanto per la trasposizione di alcuni libri sul grande schermo, ma più per l’argomento in essi trattato. Child of God si basa sull’omonimo romanzo di Cormac McCarthy, e per chi lo avesse letto, ci si rende subito conto di quanto questo romanzo sia un sfida da affrontare.
Sì, perché Lester Ballard (interpretato nella pellicola da un pazzesco Scott Haze), è un crudele e sfrattato “Figlio di Dio”, dove i suoi unici obiettivi sono sopravvivere e dare sollievo ai propri bisogni prettamente fisici. In quel di Servier, contea del Tennessee, Ballard vive da solo, con un paio di legami sociali superficiali, ma di fatto ripudiato dalla propria gente. Franco è stato fedele a McCarthy, tramite l’uso della voce over, l’impiego di cartelli per mettere un po’ qua e là, all’interno dei tre capitoli della pellicola, alcuni versi presenti nel romanzo, ecc.
Se di fatto, il libro si presenta pesante, la pellicola non poteva essere da meno; Ballard è fuori di senno e Franco si attiene al romanzo, seguendo il protagonista lungo le sue inquietanti avventure, specie quelle quotidiane come fare la pupù nei boschi, uccidere scoiattoli, o come la sua attrazione per le donne morte, senza preoccuparsi di identificarci con esso. Rappresentare le scene crude nello stesso modo in cui sono scritte nel romanzo risulta complicato, più che altro perché la crudeltà di Ballard è davvero eccessiva, tanto che il regista se ne cura, cercando di rappresentarle al meglio e allo stesso tempo, cercando di non far voltare lo spettatore dall’altra parte.
McCarthy non è il primo che passa per strada, ha scritto la sceneggiatura di Counselor – Il procuratore, e altri suoi due importarti romanzi sono stati adattati per il grande schermo, come The Road, di John Hillcoat, su sceneggiatura di Joe Penhall, con Viggo Mortensen e Kodi Smit-McPhee, e il più conosciuto Non è un Paese per Vecchi, trasposto al cinema dai fratelli Coen, con Tommy Lee Joes e Javier Bardem. James Franco ha rischiato e ha saputo dar luogo a una pellicola che rispetta quasi in toto il romanzo omonimo; peccato che dalla presentazione, l’anno scorso, alla 70esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, in Italia non si veda ancora l’ombra di una data di distribuzione (negli Usa è uscito lo scorso agosto).
Mara Siviero