NON BUTTIAMOCI GIU’ di Pascal Chaumeil (2014)

Portare Nick Hornby al cinema, solitamente, è garanzia di qualità. Gli adattamenti per il grande schermo delle opere dello scrittore inglese, infatti, si sono sempre attestati su un livello medio alto: da Febbre a 90 (1997) ad Alta fedeltà (2000), passando per About a Boy (2002). Parziale eccezione è rappresentata dal brutto È nata una star? (2012) di Lucio Pellegrini ispirato ad un omonimo racconto firmato da Hornby.

L’adattamento cinematografico di Non buttiamoci giù è stato annunciato e rimandato svariate volte, passando anche per un coinvolgimento di Johnny Depp in qualità di produttore esecutivo, poi sfumato. Alla fine, a quasi dieci anni dall’uscita del romanzo, si è riuscito in qualche modo ad arrabattare una sceneggiatura che è stata affidata al francese Pascal Chaumeil, regista delle commedie Il truffacuori e Un piano perfetto.

Mentre il romanzo era caratterizzato da polifonia narrativa, alternando costantemente i quattro diversi punti di vista dei protagonisti, Chaumeil decide di dividere la storia in quattro capitoli, affidando ad ognuno di essi la voce over di un personaggio, finendo per banalizzare quel caos calmo che contraddistingue la scrittura fluida e sincopata di Hornby.

Non buttiamoci giù è un film discretamente confezionato, ma privo di ambizioni altre rispetto alla mera illustrazione di un libro di culto; un prodotto fin troppo sobrio e derivativo, incapace di prendersi dei rischi che non vadano oltre alcuni piccole e funzionali modifiche alla trama del testo di riferimento.

La rabbia e la disperazione di fronte alla propria inadeguatezza alla vita, unite ad un ironico e catartico disincanto generale sono completamente depotenziati nella trasposizione operata dallo sceneggiatore Jack Thorne ed è a dir poco difficoltosa qualsiasi forma di empatia verso personaggi così poco interessanti, potenzialmente affascinanti ma tratteggiati frettolosamente e con esile spessore psicologico.

Si abbozzano sorrisi e in certi passaggi si è lì lì per commuoversi, ma manca sempre il passo decisivo, il salto di qualità, quel quid che permetta al film di decollare e smarcarsi da quella mediocrità abulica di cui è invece permeato.

Un approccio semplicistico e spersonalizzato che accomuna regia, sceneggiatura e interpretazioni. Mentre Toni Colette e Imogen Poots sembrano quanto meno impegnarsi al minimo sindacale, sorprendono la svogliatezza di Pierce Brosnan e l’apatia sonnolenta di Aaron Paul.

Dimenticabile.

Voto: 2/4