ORE 15:17 – ATTACCO AL TRENO di Clint Eastwood (2018)

 

Estate 2015: il treno Thalys 9364 sta sfrecciando fra Amsterdam e Parigi quando il terrorista jihadista Ayoub El-Khazzani, irrompendo da un bagno di servizio, inizia a minacciare i passeggeri imbracciando un kalashnikov. Sarà l’istintivo e coraggioso intervento di tre giovani ragazzi americani, Spencer Stone, Anthony Sadler e Alek Skarlatos, a impedire la tragedia.

Ore 15:17 – Attacco al treno, ovvero come Clint Eastwood, abbandonandosi alla propaganda politica e all’apologia del militarismo più smaccate, abbia dimenticato come fare cinema. Non si sta affatto esagerando: l’ultima “fatica” (ma faticosa è più che altro la visione) del cineasta 87enne lascia letteralmente a bocca aperta per la palpabile approssimazione della messa in scena (sceneggiatura da mettersi le mani nei capelli) e per la nauseante glorificazione dell’eroe/angelo custode vestito a stelle e strisce (sorvoliamo sulle ridicole sequenze turistiche in Italia, sulle quali ci sarebbe soltanto da stendere un velo pietoso).

La vera storia di Spencer Stone, Anthony Sadler e Alek Skarlatos, rivissuta nel romanzo autobiografico “The 15:17 to Paris: The True Story Of A Terrorist, A Train And Three American Heroes” (scritto in collaborazione con il giornalista Jeffrey E. Stern), trova così nella trasposizione cinematografica una nuova e assai più scenografica via celebrativa. Eastwood osa arruolando come interpreti gli stessi Stone, Sadler e Skarlatos, espediente potenzialmente efficace se intenzionato a restituire con maggiore realismo l’accaduto; peccato non si sposi affatto con una struttura narrativa fortemente romanzata che va a privilegiare l’adolescenza e la formazione dei protagonisti piuttosto che l’effettiva dinamica terroristica che li ha visti coinvolti.

Spencer Stone, Anthony Sadler e Alek Skarlatos: tre ragazzi qualsiasi trovatisi per caso a vestire i panni degli eroi. Ovvero: spesso l’eroe si nasconde dietro l’uomo “qualunque” (purché sia americano, cattolico e patriota).

Outcasts, adolescenti ribelli e irrequieti, i tre diventano amici inseparabili durante le scuole medie, quando si trovano a condividere le punizioni quotidianamente impartite dalle autorità scolastiche. Dovrebbe forse rassicurare il fatto che l’unica efficace valvola di sfogo per i tre sia data dalla simulazione della guerra? Non è forse lecito storcere il naso se dietro l’apparenza di una giocosa lotta fra bambini vediamo nascondersi la nobilitazione dello scontro armato? È concesso parlare della più abietta strumentalizzazione? Ora, quali siano le inclinazioni politiche di Eastwood è cosa ben nota, così come è innegabile che in molte delle sue opere le stesse abbiano trovato voce in maniera più o meno esplicita. Ma anche conducendo un confronto con l’ultimo film del regista più politicamente schierato, ovvero American Sniper (2014), è impossibile non individuare uno scarto abissale: American Sniper, seppur smaccatamente filoamericano e apologetico, conserva e vanta un’indiscutibile bravura e assennatezza registica. Con 15:17 – Attacco al treno, invece, ci troviamo di fronte a un totale fallimento, a un risultato talmente triste da indurre a non voler credere che dietro la macchina da presa ci sia la stessa mano autrice di capolavori del calibro de Gli Spietati, Million Dollar Baby, Gran Torino e, ultimo in ordine cronologico, Sully (realizzato appena due anni fa!).

Anziché porre l’accento sulla gravità della problematica terroristica, Eastwood ha scelto di dare libero sfogo alla propria intolleranza e allo stucchevole fanatismo verso il mito dell’eroe americano, arrivando a realizzare quello che è, senza ombra di dubbio, il peggior film della sua carriera.

Voto: 1,5/4

 

Viola Franchini