Parigi, 13 arr. di Jacques Audiard, la recensione

Parigi, 13Arr. - Film (2021) - MYmovies.it

Suntuoso bianco e nero per il nuovo film del pluripremiato Jacques Audiard, che cambia ancora rotta dai drammi noir a cui ci aveva abituato, per mettere in scena un racconto sentimentale, interamente centrato su cosa è l’amore oggi, per 4 giovani, a Parigi, che gravitano intorno al 13arrondisment.

In concorso alla 74 edizione del Festival di Cannes. Sceneggiatura a più mani, del regista stesso con Celine Sciamma (Ritratto della giovane in fiamme) e Léa Mysius (Ava) e adattamento da tre brevi graphic novel di Adrian Tomin, grande nome nella scena del fumetto statunitense indipendente.

Film di rara fascinazione estetica, che richiama la Nouvelle Vague e il cinema d’autore francese in generale, ma altresì si cala in un contesto contemporaneo di precariato sentimentale, professionale ed esistenziale, grazie anche alle musiche techno-sperimentali di Rone, che si conferma tra i migliori compositori protagonisti nel panorama della musica elettronica francese e internazionale.

Il regista, continuando a giocare con i generi, come già aveva fatto con il western I fratelli Sisters, accantona il filone noir/dramma (Il profeta, Un sapore di ruggine e ossa, Sulle mie labbra, Tutti i battiti del mio cuoreDheepan), per sperimentare con un racconto sentimentale contemporaneo, in cui il corpo e la carnalità s’impongono all’attenzione. Qui, forse anche grazie alla presenza di Sciamma e Mysius in sceneggiatura, lo sguardo sui corpi si ammorbidisce, accentuando la sensualità e la poesia, piuttosto che la violenza o la menomazione.

Belli e bravi i 4 giovani protagonisti, praticamente sconosciuti e magistralmente diretti da Audiard: Emilie (Lucie Zhang), giovane cinese di 2° generazione, addetta ad un call-center, s’innamora di Camille (Makita Samba), professore di lettere, di colore, che s’invaghisce di Nora (Noémi Merlant), appena sbarcata nella capitale da Bordeaux, e che a sua volta è attratta da Amber (Jehnny Beth), la sua sosia cam girl…

Un girotondo fluido, intorno all’amore e all’amicizia per i giovani di oggi, sullo sfondo del quartiere residenziale multietnico e multiculturale Les Olympiades, 13arr., a Parigi.

Il titolo originale del film, Les Olympiades, si rifà dunque ad un quartiere di grattacieli nel mezzo del 13 arr. costruito negli anni ‘70, nell’ottica di attirare un microcosmo variegato e multirazziale di una nuova generazione di professionisti. Sullo sfondo le 8 torri, che prendono il nome dalle città dei giochi olimpionici (Tokyo, Atene, Sapporo, Helsinki ecc.), perfetta ambientazione per i 4 giovani “campioni olimpionici” contemporanei che lì vivono, calati in un’atmosfera liquida, in sperimentale divenire.

Tra ripensamenti, slanci, inversioni di rotta e brusche prese di coscienza, forse il regista vuole suggerirci che i ragazzi non stanno proprio bene, ma comunque, anche se procedendo sincopati e a zig-zag, stanno trovando la loro strada… “Compenso la mia frustrazione professionale con un’intensa attività sessuale” (cit. Camille).

L’incontro nella chat erotica tra Nora e Amber, la tecnologia oggi onnipresente, anche nelle sue accezioni di alienazione e bullismo, l’unico momento in cui lo schermo prende vita a colori in un mondo determinato dal bianco e nero e da una infinita scala di grigi, scintilla che mette in moto una serie di eventi…

Il cinema di Audiard è fisico, carnale e moderno, e sempre puntando l’attenzione sui corpi, li esalta attraverso una sensualità ruvida ma anche onirica/poetica, restituendoci così “un sapore di ruggine e ossa”.

Voto: 3/4