QUALCUNO DA AMARE di Abbas Kiarostami (2012)
Cominciamo con un salto indietro nel tempo, agli anni 90: ricordate quando il cinema iraniano era al top e mieteva premi e consensi critici in tutto il mondo? Torniamo a oggi: pur non mancando nomi e titoli di grande rilievo (uno per tutti, il Premio Oscar Asghar Farhadi), più che nel passato la censura di Ahmadinejad provvede a soffocare, con precisione chirurgica, la creatività artistica della sua classe intellettuale, bloccando ogni possibilità di lavoro ad alcuni tra i nomi più illustri di quella stagione d’oro. Così, mentre Jafar Panahi fabbrica clandestinamente piccoli film casalinghi nell’intimità forzata dei suoi arresti domiciliari, Abbas Kiarostami, Palma d’Oro nel 1997 con Il sapore della ciliegia, ha scelto la via dell’esilio.
Dopo Copia conforme (girato in Toscana), il regista si è spinto sino agli antipodi della sua Persia: in Qualcuno da amare, il Giappone, paese già eletto a location da molti registi occidentali in virtù della sua cultura così lontana ed enigmatica (pensiamo a Sofia Coppola o Alejandro Gonzalez Iñarritu), diventa sfondo di una storia dal sapore universale.
Un prologo decisamente folgorante ci porta nella vita della giovanissima Akiko, studentessa universitaria alle prese con il geloso fidanzato Noriaki. Come non tardiamo a capire, la ragazza ha uno scomodo segreto: per guadagnarsi da vivere, fa la escort. Angelo perduto con il broncio e la nostalgia di casa, Akiko si trasforma in entreneuse con due tocchi di rossetto e si reca, pur controvoglia, da un nuovo cliente: è l’anziano professor Takashi, che, più che interessato alle sue grazie, sembra solo bisognoso di un po’ di compagnia. Dopo una notte passata senza alcun contatto fisico, l’uomo l’accompagna in università, ma l’incontro con Noriaki, che inizialmente scambia Takashi per il nonno della ragazza, causerà un bizzarro misunderstanding destinato a una svolta drammatica.
Anomalo triangolo amoroso e riflessione sulla perdita dell’innocenza nella crudeltà della società metropolitana odierna, l’opera di Kiarostami sembra mettere l’accento soprattutto sulla contrapposizione tra l’età anziana, contraddistinta dalla saggezza ma anche dalla solitudine e dalla rassegnazione, e le giovani generazioni, che appaiono segnate da una forte crisi identitaria. Come molti altri film dell’autore iraniano, Qualcuno da amare è in gran parte ambientato nelle ristrettezze degli abitacoli di taxi e automobili, che sembrano essere gli unici spazi in cui i personaggi riescono a trovare la vera intimità, tra di loro e con se stessi.
Dopo un ottimo inizio, Kiarostami ci regala almeno un momento decisamente toccante: la sequenza in cui Akiko sbircia dal taxi l’anziana nonna che la sta aspettando invano non può non stringere il cuore dello spettatore. Poi, da un certo punto in avanti, il film comincia a girare un po’ a vuoto, proprio come i suoi personaggi; il finale, che sospende la vicenda senza regalare un’autentica conclusione, è il suggello di una visione che non riesce a convincere fino in fondo. Resta la capacità del regista di dirigere con rigore e sensibilità un terzetto di attori davvero efficaci, tirando fuori il meglio dalla venticinquenne Rin Takanashi e dall’ultraottantenne Tadashi Okuno, entrambi con pochissime esperienze sul grande schermo eppure qui, semplicemente, perfetti.
Voto: 2,5/4