QUELLO CHE SO SULL’AMORE di Gabriele Muccino (2012)

Quello che so sullamoreDopo essere stato totalmente stroncato negli Stati Uniti, Gabriele Muccino porta nelle sale nostrane la sua ultima fatica, lasciando al pubblico che tanto ha acclamato L’Ultimo Bacio e Baciami Ancora la sentenza definitiva. Va detto subito: forse in America hanno esagerato nella bocciatura totale, ma quello che è certo è che questa volta è stata compiuta un’operazione molto furba, che senz’altro potrà produrre incasso ma che non è sinonimo di qualità eccelsa. Anzi.

Sa molto di déjà-vu la storia di un ex calciatore di Celtic Glasgow e Liverpool, George Dryer (Gerard Butler), capace di perdere la moglie Stacie (Jessica Biel) e il figlio Lewis (Noah Lomax) a seguito di infedeltà. Dopo mesi di totale assenza, George torna nella cittadina e diviene allenatore della squadra di calcio del piccolo Lewis, emozionando i padri e le madri dei piccoli calciatori, ma il suo obiettivo è tentare in tutti i modi di riconquistare la sua famiglia.

 

 

Dopo due film molto intensi e ricercati – benché non riuscitissimi – come La ricerca della felicità e Seven Pounds (malamente tradotto con Sette anime), Muccino lascia Will Smith e cerca un cast corale per dirigere una commedia dalle tinte drammatiche ma dal retrogusto perennemente zuccherato, come tante, indirizzata verso un inevitabile happy ending che è prevedibile sin dalle prime battute. Ad arricchire il cast, infatti, ci sono Dennis Quaid, che interpreta il megalomane del paese, fedifrago e ossessionato dal fatto che sua moglie (Uma Thurman) possa tradirlo. E poi a completare il tutto ci sono Denise (Cathrine Zeta Jones), ex telecronista attratta da George che vuole aiutarlo a diventare giornalista, e Barb (Judy Greer), la madre single che s’improvvisa stalker. Troppi pezzi per un puzzle dove le istruzioni per la commedia commovente hanno già imposto come essere incastrati: l’ex calciatore allenatore che fa impazzire le mamme non è certo la scoperta del secolo, come del resto è tutt’altro che imponderabile lo svolgimento degli eventi. Eppure la leggerezza generale che aleggia su tutto il film permette ai minuti di scorrere fluidamente, senza indugiare troppo sull’aspetto drammatico ed enfatizzando – altro punto di furbizia – sull’elemento sportivo ed emozionale, fatto di bei fotogrammi di vita ideale e di rapporti ben costruiti. George cerca d’essere il padre che non è mai stato, di fatto lui è un bel personaggio, cedevole alle tentazioni ma l’unico, assieme alla moglie, a compiere un cammino, a differenza degli stereotipi da cui è circondato. Questa la nota veramente positiva di un film non certo memorabile, non imperdibile, ma nemmeno così atroce come dicono oltreoceano. Gabriele Muccino a Venezia ha dichiarato che “un film è riuscito se lo dice il pubblico, non la critica”. La critica l’ha ucciso, chissà se il pubblico lo salverà.

 

Voto: 2/4