
Presentato in concorso al Festival di Cannes 2015, Saul Fia è, ad oggi, il titolo più interessante visto sulla Croisette. Il regista è un esordiente ungherese che sicuramente tra le sue tanti doti possiede quella del coraggio. Infatti ce ne vuole in abbondanza per decidere di intraprendere la propria carriera cinematografica con un film ambientato (ancora una volta) in un campo di concentramento e che dunque affronti (ancora una volta) le atrocità umane e belliche.
La domanda che però è lecito porsi è, ma si tratta davvero di un’ennesima volta? Laszlo Nemes (questo il nome del regista) decide di imprimere alla sua pellicola uno stile decisamente calzante e coinvolgente. Lo spettatore è immerso nell’ambientazione scenica attraverso un uso frastornante del sonoro e una ripresa in formato 4:3 che da un lato riesce a ricreare un effetto claustrofobico notevole, dall’altro serve al regista per riflettere sul fuori campo diegetico e sul fuori fuoco.
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