MAPS TO THE STARS di David Cronenberg (2014)

Più che alle storie di Don DeLillo (già fonte di ispirazione per il precedente Cosmopolis) o di James Ellroy, Maps To The Stars rimanda mirabilmente ai vaporosi universi creati dall’autrice britannica Jackie Collins in romanzi come Seta e diamanti. Il film di David Cronenberg, chiaramente, ne rappresenta una deriva iperbolica e malata: ma negli intrecci del plot, che scannerizzano e distruggono gradualmente i già precari equilibri di una attrice un po’ agée (Julianne Moore) e di una famiglia composta da padre santone (John Cusack), madre apparentemente  inflessibile (Olivia Williams) e child star tredicenne (Evan Bird), si intravede una goduta superficialità che non disturba e che rende formidabile la prima parte del film. I due nuclei sono accomunati dalla presenza disturbante del personaggio interpretato da Mia Wasikowska (figlia disconosciuta della coppia e assistente della diva), dalla residenza in quello che è forse il posto meno attraente di sempre – Hollywood – e dalla visione di spettri legati al passato, che famelicamente divorano ogni loro residuo di serenità.

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MR. PEABODY E SHERMAN di Rob Minkoff (2014)

Locandina-mr-peabody-and-shermanLa Dreamworks Animation, ormai lungi da essere una succursale minore di mamma Pixar, ha scelto la sua strada per il futuro: abbandonare la via sicura della narrazione tradizionale e lasciarsi andare allo sperimentalismo visivo.

Dopo gli psichedelici e visionari I Croods e Turbo, arriva Mr. Peabody&Sherman, ispirato a una serie di cartoon degli anni ’60, in stile Hanna&Barbera. E anche in questo caso, la sceneggiatura si preoccupa poco di rispettare passaggi logici e una reale progressione di eventi, preferendo invece concentrarsi su pirotecniche fughe e paesaggi caleidoscopici.

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LEI di Spike Jonze (2013)

her-la-locandina-del-film-282425Lei ha nettamente diviso la nostra redazione. Per questo vi proponiamo due recensioni, differenti nel giudizio.

 

Spike Jonze la brillantezza, Spike Jonze l’intelligenza. Nel nuovo film del regista de Il ladro di orchidee, dopo la parentesi solo in apparenza estranea e spiazzante rispetto al suo stile di Nel paese delle creature selvagge, queste due qualità si respirano in quantità industriale.

Il merito è soprattutto di una scrittura di grazia e freschezza sopraffine che dimostra l’eccellente qualità della penna di Jonze, il cui sguardo è qui sgravato da ogni influenza a lui esterna, dall’arzigogolato e tormentato aplomb cervellotico di Charlie Kaufman. Trionfa allora la delicatezza, il brio sarcastico di un’effervescenza romantica che sa divertire con un mix efficace di semplicità e raffinatezza, sposando l’arietta da commedia sofisticata alla ” grevità” irriverente – giusto per fare un esempio – di un robottino sboccato e parolacciao con cui il protagonista interagisce in sede virtuale.

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