Difficile anche solo immaginare le responsabilità che gravano sopra i così detti “figli d’arte”, soprattutto quando si trovano sottoposti ad un giudizio di pubblico e critica sempre in bilico tra una pregiudizievole diffidenza e ingannatrici aspettative. E tutto questo diventa ancora più problematico se sei il figlio di una leggenda vivente come Hayao Miyazaki. Così, nonostante fosse da tempo impegnato in settori diversi da quelli strettamente artistici dello Studio Ghibli, Goro Miyazaki si presenta da esordiente al Festival di Venezia del 2006 con il suo primo lungometraggio, I Racconti di Terramare, ricevendo un’ accoglienza generalmente piuttosto fredda e, a distanza di anni, ancora difficilmente giustificabile. E’ come se Goro si fosse trovato a pagare per intero il prezzo di non aver saputo dimostrare, alla sua prima prova da regista, non soltanto di poter raccogliere l’ eredità del genitore (tra l’ altro ancora in vita ed in attività) ma di non essergli assolutamente all’ altezza. Eppure, per quanto sia distante dai film di Hayao, I Racconti di Terramare si inserisce facilmente nella filmografia Ghibli, diventata ricca e varia anche grazie ai tanti contributi artistici dati dagli autori che militano da anni nel famoso Studio giapponese. Non si capisce perchè, quindi, anche Goro non possa essere tranquillamente annoverato tra questi solo per il cognome che porta.
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