MARAVIGLIOSO BOCCACCIO di Paolo e Vittorio Taviani (2015)

maraviglioso boccaccio

Quando, nel 1971, Pasolini gira il suo geometrico e polarizzato Decameron, restituisce la vibrante tensione di un momento storico ritenuto significativo dal punto di vista socio-antropologico. Il risultato? Una re-invenzione straordinaria, un omaggio evocativo e libero in cui il simbolismo diventa carnale e universale.

Quando, nel 2015, i fratelli Taviani si avvicinano al capolavoro di Boccaccio, l’intenzione – onorabile, santa e legittima – è quella di laudare l’emozione giovanile che, innanzi alle epidemie più oscurantiste, ieri come oggi, reagisce con fervore, fantasia e creatività. La peste nella Firenze del 1348, nella visione dei Taviani, equivale all’humus calcificato che paralizza gli animi di una contemporaneità spesso ingiusta e castrante.

Una visione, benché lodevole, decisamente claudicante: il Maraviglioso Boccaccio dei Taviani, nonostante le ambizioni civili, ha evidenti problemi nella struttura, nello sviluppo e nella contestualizzazione del suo racconto.

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CESARE DEVE MORIRE di Paolo e Vittorio Taviani (2012)

cesare-deve-morireVisti così, Paolo e Vittorio potrebbero essere due giovani registi (freschi di Centro sperimentale di Cinematografia) alle prese con uno dei primi lavori della loro acerba carriera. L’idea che genera il film è quella di unire due mondi che apparentemente sono agli antipodi (il teatro Shakespeariano e il carcere), accomunati però dalla presenza di personalità intrappolate da valori ai quali è difficile sfuggire. La pellicola, intitolata Cesare deve morire, ha vinto l’Orso d’Oro a Berlino grazie al suo sguardo innovativo e al contempo profondo.

 

Paolo e Vittorio Taviani in realtà sono due fratelli ultra ottantenni che con la loro macchina da presa hanno contraddistinto sei decadi di cinema italiano. Un percorso costellato da (molti) successi e (qualche) flop, all’insegna di un cinema mai banale, iper-realistico e sempre attento a cogliere gli aspetti più importanti da situazioni apparentemente non interessanti. Ne I Sovversivi (1967) il funerale di Togliatti era solamente un pretesto per  fotografare una generazione in crisi di ideali e in Padre padrone(1972) il bambino protagonista è il simbolo di un’Italia (soprattutto quella del sud) cresciuta “fuori dal mondo” a causa di figure genitoriali dispotiche e troppo ingombranti.

 

 

 

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