LA GRANDE BELLEZZA di Paolo Sorrentino
Scritto da Nicolò Barretta
La grande bellezza (sesto lungometraggio di Paolo Sorrentino) è quella di avere assistito a qualcosa di enorme e potente, un film destinato a suscitare dibattiti e riflessioni di ogni sorta.
Perché mai come in questo film, il regista napoletano si protende così avanti, allungando per certi versi la sua mano allo spettatore, conducendolo nei meandri di quello che è un affresco sociale frenetico e lussurioso, fiammeggiante e indecifrabile, che trova nel giornalista specializzato in costume e società Jep Gambardella alias Toni Servillo la maschera perfetta per raccontarlo e scardinarlo. Un mondo, quello della dolce vita romana contemporanea, contrassegnato da party sfrenati (dove i pettegolezzi sono all’ordine del giorno) che il regista de Il Divo intesse con dirompente maestria registica e visiva.
Quello che più colpisce de La grande bellezza è che ogni singola frase è dotata di significato utile a decifrare una porzione di testo, mentre un semplice sguardo, gesto o battuta di un personaggio suscita emozioni contrastanti: riso, ilarità, malinconia, desolazione. Sorrentino immortala con toni volutamente eccessivi e sberleffi ironici una società che ha smesso di fare progetti e che si è adagiata ormai da tempo su un evanescente letto di piume dorate. Con quest’opera, inoltre, Sorrentino aggiunge al suo curriculum un altro talento ovvero quello di sapere tenere unito un gruppo di attori variegato: se per Servillo ormai gli aggettivi sono esauriti e non resta che incoronarlo direttamente migliore attore del Festival, le sorprese arrivano da una Sabrina Ferilli che calza alla perfezione il vestito cucitole su misura dal sarto Sorrentino, dimostrando una naturale predisposizione per la parte.
Come tutte le opere di statura superiore alla media, La grande bellezza assurgerà a modello filmico da cui trarre ispirazione e insegnamenti per le generazioni future.
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