TFF 2020: la recensione di LUCKY

 

May (Brea Grant) è una scrittrice di manualistica che una notte, improvvisamente, resta vittima di un’aggressione nella casa che divide con il marito. Il misterioso uomo mascherato torna a farle visita tutte le notti e lei è costretta a difendersi senza tregua. Lucky, diretto dall’iraniana-americana Natasha Kermani e sceneggiato dalla stessa protagonista Brea Grant, è stato presentato al 38esimo Torino Film Festivalnella sezione Le Stanze di Rol che ha regalato alcune tra le migliori sorprese di questa edizione tutta online.

Con un budget risicato e un numero ridotto di attori – in sostanza il film poggia interamente sulle spalle della sua efficace protagonista – Lucky fa quel che il cinema dovrebbe fare: parlare di un argomento di attualità attraverso gli stilemi di un genere. Così, il maschilismo e la violenza sulle donne come male endemico e non mero fatto di cronaca, tematiche troppo spesso ridotte a materiale da fiction, pellicole o docu-film non immuni da retorica e semplicismo, vengono raccontati attraverso il linguaggio del thiller. 

Senza avere la pretesa di un’analisi profonda della tematica ma giocando anzi volutamente in sottrazione, l’opera terza della Kermani (dopo Shattered Imitation Girl) si fa via via sempre più simbolica, anti-realista e paradigmatica, in un climax che porta a un finale di pura allegoria. Lucky è un piccolo film, che conferma però come il cinema indipendente americano, con tutti i suoi limiti produttivi ed economici, abbia più idee di tanti prodotti hollywoodiani.

Voto: 2,5/4