THE LAND OF HOPE di Sion Sono (2012)
Il cinema di Sion Sono è da sempre viscerale, anticonvenzionale, autentico, pronto a spiazzare, basti pensare alla forte dose di carnalità che possiedono film come Cold Fish e Love Exposure. Ma c’è un evento in particolare che ha scosso il regista giapponese, indirizzandolo verso una nuova genesi della sua poetica: l’11 marzo 2011, al largo della costa della regione di Tohoku in Giappone, un violento terremoto di magnitudo 9.0 causa uno tsunami che semina distruzione e morte: 15.704 i cadaveri contati, miliardi di dollari l’ammontare dei danni alle infrastrutture come la centrale di Fukushima e il pericolo di una apocalisse nucleare che diventa realtà.
Già con il precedente, Himizu, Sion Sono aveva introdotto l’incubo del terremoto all’interno della diegesi ma The Land of Hope, ultima fatica dell’autore giapponese, è interamente incentrata sulle condizioni di vita della popolazione post tragedia.
The Land of Hope, letteralmente la terra della speranza, si concentra sulle difficoltà incontrate da due coppie di diverse generazioni nel fronteggiare la catastrofe, raccontando le vicissitudini della famiglia Ono. Il giovane Yoichi conduce un’esistenza tranquilla con la moglie Imizu e i genitori in un villaggio pacifico a Nagashima, fino al giorno in cui la paura della contaminazione nucleare a seguito del terremoto prenderà il sopravvento.
I loro vicini di casa sono costretti ad abbandonare le loro case, mentre gli Ono sono un po’ più fortunati: solo metà del loro giardino rientra nell’area ad alto pericolo delimitata dal governo. Si ritrovano però di fronte ad una difficile scelta nel momento in cui Imizu si scopre incinta.
L’opera, presentata nella sezione Rapporto Confidenziale (dedicata alle ossessioni e alle possessioni), segna una nuova fase artistica nella carriera del regista nipponico, che ha rinunciato per l’occasione alla rappresentazione stilistica di sesso e violenza, per affidarsi ad una storia universale di dolore e speranza che si poggia su una delicata colonna sonora, in cui compare l’Adagio dalla Sinfonia n. 10 di Gustav Mahler (“capace di esprimere sia l’oscurità che la luce”) la cui funzione principale è quella di accompagnare l’esperienza dell’essere umano di fronte a una situazione drammatica.
Il messaggio che Sion Sono comunica allo spettatore è semplice e chiaro: l’uomo è in grado di affrontare le difficoltà solo quando la sua esistenza è scossa da cause di forza maggiore. L’unico difetto dell’opera risiede nella forma con cui Sono esprime tale significato: i tempi dilatati e il ritmo ripetitivo, specie in alcuni momenti centrali della narrazione, rischiano di appesantire e gravare sull’intensità emotiva del film.
Ma la grazia intimistica e sentita, con la quale Sion Sono ci mostra l’evoluzione delle relazioni, è così forte da andare al di là anche dei limiti narrativi, addentrandosi con passo lieve e sincero nello spazio universale delle emozioni umane.
Voto: 3/4