THE SUICIDE SQUAD di James Gunn – La recensione
Non è un remake, né un sequel né un reboot del (terribile) film di David Ayer del 2016, ma semplicemente la “Suicide Squad di James Gunn“. Il produttore Peter Safran non poteva sintetizzare meglio questa bizzarra operazione che si prende coraggiosamente la programmazione estiva in tempi di Covid e, onestamente, è qualcosa che nel blockbuster americano contemporaneo (con la parziale eccezione di Deadpool) non si era mai visto. Questo a dispetto dall’evidente e studiatissimo tributo di The Suicide Squad al bellico anni 60-70 nello stile di Una sporca dozzina, al western, al cinema demenziale e persino al kaiju ejga giapponese. Ultraderivativo e originale insieme, dunque.
In momentanea pausa da Disney Marvel, in cui ha diretto i cinecomic nettamente migliori (I guardiani della Galassia), Gunn è stato lasciato quasi totalmente libero dalla DC-Warner che, dopo il drama scorsesiano e anti-fumettistico di Joker, ha capito che “osare” e “sperimentare” è il modo migliore per dare una forma al proprio cinematic universe, contrapporlo (in chiave più adulta) allo strapotere Marvel e soprattutto rimediare agli orridi pasticciacci degli anni precedenti. Per questo The Suicide Squad è un bizzarro oggetto a sé stante, una scheggia impazzita partorita dalla mente di un regista che torna alle origini splatter dei suoi film Troma, una carambola visiva per cui l’aggettivo “trash” sembra confezionato ad hoc.
Del precedente (peraltro sconfessato) di Ayer conserva la spietata Amanda Waller (Viola Davis), quell’anima candida di Rick Flag (Joel Kinnaman) e ovviamente l’immancabile Harley Quinn che Margot Robbie si è cucita addosso, una pazza da legare che al contempo è un tesoro anche quando massacra dozzine di soldati. Gli altri sono personaggi inediti ma presi (e rielaborati) dai fumetti, con in testa il classicissimo antieroe Bloodsport (fascinoso e ottimo Idris Elba) e Peacemaker (un John Cena insospettabilmente bravo). Ci sono pure Ratcachter II (Daniela Melchior) che comanda frotte di ratti, Polka Dot-Man (David Dastmalchian) che lancia pois letali (!) e lo squalo umanoide Nanaue (doppiato in originale da Sylvester Stallone). Una combriccola di ammazzasette, canaglie tarantiniane cui non mancano umanità e sentimenti ma che restano assassini prezzolati senza pietà (o quasi) in una missione – ça va sans dire – suicida sull’isola di Corto Maltese (grazie alla DC per l’omaggio all’eroe di Pratt) contro la più classica delle dittature sudamericane e il più assurdo dei mostri alieni.
Lasciate a casa i bambini, a fronte della strabordanza di corpi squartati: The Suicide Squad è un prodotto per adulti che cercano sangue e ammazzamenti ma hanno voglia anche di “regredire” a una dimensione infantile di intrattenimento e irrealismo, che piglia a calci il politicamente corretto e frulla dozzine di stereotipi di generi in un film post-tutto che pare scritto sotto un mix di acidi e spinelli, americanissimo e anti-americano, anarchico e irriverente. A dire la verità ci si aspettava di più: un film davvero rivoluzionario da orgasmo cinematografico che seppellisse definitivamente il cinecomic. Non è andata proprio così, perché James Gunn è autore puro, ma da lui non possiamo aspettarci più di un semplice oggetto di entertainment cattivo e schizoide, scritto benissimo e con momenti e trovate talmente dementi che talvolta non ci si può credere.
Voto: 2,5/4