THE TRUMAN SHOW di Peter Weir (1998)
Ma Pilato risponde a Gesù: “E che cos’è la verita?” (Gv 18, 38)
«Non c’era niente di vero. – Tu eri vero: per questo era così bello guardarti»
( Truman e Cristof, The Truman Show)
Tra i tanti pregi di questa pellicola, sicuramente non secondario è quello di riuscire a parlare a tutti. Weir costruisce un’opera commerciale, vendibile ovunque e a qualsiasi fascia d’età o pubblico.
Lo vidi per la prima volta a dodici anni, ne rimasi folgorato. Un ottimo film pensai, divertente, appassionante, originale e stimolante (“chissà, forse anche a me hanno combinato uno stratagemma del genere”). Lo vidi a sedici anni (“la televisione è proprio spazzatura”). Lo vidi a diciotto anni, andai più a fondo (“cos’è la verità?”). L’ho visto poco fa (“chi siamo noi agli occhi di Dio?”).
Come tutte le opere d’arte, il soggetto che le contempla è attivo, mai passivo. Dunque ogni volta proveremo emozioni diverse a seconda delle esperienza che portiamo di fronte ad esse. Niente di nuovo. Però sono pochi i film che riescono ad abbinare questa caratteristica ad una chiave edonistica più semplice e gradevole. The Truman Show è uno di questi. Truman (nome che deriva dalle parole “true man”, uomo vero) è un uomo come tutti noi, un sognatore depresso, con un lavoro normale, una famiglia normale, che vive in un paesino normale. Tutto è normale perché così glielo impongono dall’alto. Vorrebbe evadere, ma si rassegna alla verità/realtà che lo circonda. Ma cos’è la verità?
Sopra ho citato un versetto del Vangelo di Giovanni proprio perché la componente religiosa è importante nella pellicola. Il regista e creatore dello show televisivo (che non a caso si chiama Cristof), interpretato da un ottimo Ed Harris, si atteggia proprio come Dio. Decide tutto lui, osservatore esterno, ricrea ambienti naturali, ordina battute ai suoi attori (le persone più vicine a Truman si chiamano Marlon (Brando) e (Streep) Meryl), si presenta a Truman (in un finale da brividi) come “il creatore..di uno show televisivo” parlandogli per mezzo di un megafono invisibile mentre un finto sole si fa largo tra finte nuvole. Dio e l’uomo. Ho detto che Truman è uno di noi, allora anche noi soffriamo dei suoi stessi problemi. Siamo ingabbiati come lui? Cosa c’è oltre lo studio televisivo chiamato vita? Qual è la verità? Il film è girato in formato televisivo. Scelta azzeccatissima dato che la televisione è al centro della pellicola intera. Così come molto originale e giusta la scelta di adottare numerose inquadrature in soggettiva, proprio come se noi fossimo gli spettatori davanti alla TV. Il tema del voyeur è un po’ un filo rosso nella storia del cinema. Qua viene approfondito ulteriormente, c’è chi guarda Truman in TV ma ci siamo anche noi che guardiamo coloro che guardano lo show. La televisione non viene criticata o condannata esplicitamente, il film è del 1998 quando ancora il concetto di reality show era primordiale. Peter Weir è bravissimo nel muovere le sue marionette anche perché decide di non schierarsi. I personaggi del film sono molto diversi tra loro, chi difende lo show, chi lo boicotta, chi è lì semplicemente per lavoro, chi lo segue strenuamente da casa, chi lo vive. Ma Weir rimane sempre neutrale, mette tutte le carte in tavola e lascia a noi l’ultimo giudizio, proprio come a Truman: dentro o fuori?
E in tutto questo mi si perdonerà se non mi sono soffermato sulla sorprendente bravura di Jim Carrey nel suo primo ruolo drammatico.