Torino Film Festival, la recensione di Suzanna Andler

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Uno dei due film con Charlotte Gainsbourg presentati al Torino Film Festival (l’altro è Jane par Charlotte), Suzanna Andler segna il ritorno dell’attrice francese con il regista Benoit Jacquot a sette anni da Tre cuori. “Lavorerei sempre con lei”, ha detto il cineasta ospite al festival, raccontando anche la genesi del film.

Suzanna Andler è tratta da una pièce di Marguerite Duras, della quale Jacquot è stato aiuto regista e grande amico in gioventù. Pare che per anni abbia carezzato l’idea di trarre un film dall’opera, benché la stessa Duras lo avesse fortemente sconsigliato. Si è deciso a farlo 25 anni dopo la sua scomparsa e pare che la famosa scrittrice gli sia apparsa in sogno per rassicurarlo sulla riuscita della pellicola. Noi siamo un po’ meno convinti: nonostante la bravura della Gainsbourg, una delle presenze più eteree e meravigliose del cinema transalpino e non solo, il teatro filmato di Jacquot risulta appesantito, verboso, senza veri guizzi. 

Viene il dubbio che il problema sia già nel testo di partenza e che la Duras avesse ragione quando era in vita: la storia si racchiude nell’arco di una sola giornata, con una ricca donna infelice nella cornice di una casa in Costa Azzurra che forse affitterà per le vacanze. Va da lei il suo amante, poi un’amica, mentre Suzanna è divisa tra il dolore per i continui tradimenti del marito, un nuovo amore che appare senza speranza e il classico stato indolente di borghese racchiusa in una gabbia dorata.

Il film gira costantemente su se stesso, imprigionato proprio come la sua protagonista nel suo impianto rigido. Charlotte è intensa, vivida e lacerata nel suo abitino anni 60, avvolta nella pelliccia leopardata, ma non basta: l’ampatia nei confronti dei personaggi non scatta.

Voto: 2/4