Venezia 2016: ARRIVAL di Denis Villeneuve
È un film di immenso impatto visivo Arrival di DenisVilleneuve, tra i più attesi in concorso alla 73esima Mostra del Cinema di Venezia. Il versatile regista canadese, ormai consacrato come autore da festival, cambia registro rispetto ai film precedenti (i toni thriller di Enemy, Prisoners e Sicario) e approda nei territori della fantascienza adulta, forte di un cast composto da Amy Adams, Jeremy Renner e Forest Whitaker. La storia è comune a tutto quel prolifico filone invasion che va da Incontri ravvicinati del terzo tipo a Independence Day (di cui Arrival sembra essere l’antitesi più netta e del quale, guarda caso, sta per uscire il sequel). Dodici misteriose astronavi extraterrestri atterrano in altrettanti punti diversi della Terra. I vari governi tentano di stabilire il contatto con gli evanescenti alieni: sono qui per invaderci o per aiutarci? Nel Montana, più che l’operato di militari e agenti segreti sarà fondamentale quello dell’illuminata linguista Louise Banks (Adams), incaricata di decifrare il linguaggio dei visitatori e coadiuvata da un fisico teorico (Renner).
Villeneuve, come dicevamo, regala grandi suggestioni visuali – l’ingresso nell’abisso nero della navetta, l’impianto scenografico minimale e austero – in un’opera che rifiuta eccessi, spettacolarizzazioni e catastrofismi. Arrival è un film intimista e tutto concentrato sul percorso della sua protagonista (ottima la Adams), che, un po’ sulla scia di Christopher Nolan, va alla ricerca di nuove forme di immaginario sci-fi (non sarà un caso che tra i produttori figuri Shawn Levy, tra i responsabili del recente fenomeno televisivo Stranger Things) e si fa portavoce di un messaggio di pacifismo fondato sull’accettazione della diversità ma soprattutto sulla necessità di fratellanza e collaborazione reciproca.
Eppure, qualcosa nel meccanismo si inceppa: la pellicola di Villeneuve è così cerebrale da ostacolare l’autentico coinvolgimento dello spettatore e, paradossalmente, è al contempo soffocata dall’elemento emozionale – il rapporto tra Louise e la figlia – che è il vero punto focale del film e al centro del colpo di scena finale. Villeneuve evita le trappole del romanticismo affettato ma non quelle della retorica e dell’enfasi del dolore, pregiudicando così un’operazione che non riesce a essere davvero convincente. A questo punto, sarà curioso vedere come il regista adatterà la sua personale visione del genere fantascientifico al (già controverso) progetto del sequel di Blade Runner, suo prossimo film attualmente in lavorazione.
Voto: 2/4