Venezia 71: THE PRESIDENT di Mohsen Makhmalbaf e BEFORE I DISAPPEAR di Shawn Christensen

the-president-locandinaTHE PRESIDENT di Mohsen Makhmalbaf (2014)

Storia di un dittatore militare di un’imprecisata nazione dell’est Europa che, spodestato da un’insurrezione popolare, fugge con il nipotino attraverso il paese, in un’odissea di infinita violenza e squallore. Il cinema di Moshen Makhmalbaf viaggia ormai lontano dall’Iran, paese natale abbandonato dal 2005 per autoesiliarsi a Parigi. The President, alla sezione Orizzonti di Venezia 71, è infatti girato in Georgia, location figurativamente ideale per le sue architetture sovietiche e il suo paesaggio straniante, ma la contestualizzazione geografica volutamente assente permette all’autore di creare riferimenti ad altre realtà contemporanee (la Libia in primis, ma anche l’Iran, ecc.).

Il regista di Viaggio a Kandahar porta avanti un discorso cinematografico fortemente politico, interessante per la scelta di mostrare sia le assurdità del potere autoritario sia le contraddizioni e il caos che esplodono inevitabilmente in ogni rivoluzione. Tuttavia, in questo “autunno del patriarca” vissuto soprattutto attraverso lo sguardo ingenuo del bambino co-protagonista, Makhmalbaf, dopo una prima parte coesa e di buona fattura, scivola nel didascalismo istillando qua e là tocchi di retorica (vedi la scena del ritorno a casa del prigioniero politico). L’urgenza di rielaborare gli avvenimenti socio-politici degli ultimi anni, come pure un passato autobiografico che non può essere rimosso, ha prodotto così un’opera emotivamente intensa e capace di regalare buoni momenti ma anche dotata di imperfezioni, e di un messaggio morale (non può esserci vera democrazia laddove si persegue la vendetta) che rischia di rivelarsi un po’ troppo banale e semplificatorio.

Voto: 2,5/4

 

BEFORE I DISAPPEAR di Shawn Christensen (2014)

Sbarca alla sezione Giornate degli autori il primo lungometraggio di un giovane regista americano premiato agli Oscar 2013 per il cortometraggio Curfew. Un’opera prima che dimostra come il suo autore, a dispetto della poca esperienza, abbia parecchie frecce nel suo arco. Shawn Christensen scrive, dirige, produce e interpreta questo piccolo film indipendente incentrato su un personaggio teneramente autodistruttivo, il cui proposito di porre fine alla propria vita viene clamorosamente interrotto da una telefonata della sorella che gli chiede di occuparsi della figlioletta pre-adolescente.

Lo spunto potrebbe far pensare a una commedia: Christensen invece, manifestando già una certa maturità a livello tecnico, sceglie di virare verso toni noir, non senza tocchi di onirismo quasi visionario. Non mancano momenti di umorismo nero, ma la parabola del protagonista Richie, sorta di Peter Pan imprigionato in un mondo fatto di locali notturni, droghe e rimpianti per un amore passato, è una discesa agli inferi e ritorno, sotto il segno della morte (vanamente inseguita o vissuta solo indirettamente).

Nel cast, oltre allo stesso Christensen che si cuce addosso il personaggio di Richie, si notano le apparizioni del sempre apprezzabile Ron Perlman e di Paul Wesley, noto ai fan della serie tv The Vampire Diaries. Suggestiva la fotografia di Daniel Katz, che sembra rifarsi al cinema di Nicolas Winding Refn; intrigante l’uso della colonna sonora che mescola pezzi pop, anni ’80 e di musica classica, regalando il gradito ascolto di pezzi immortali come The House of the Rising Sun degli Animals e Five Years di David Bowie.

Voto: 3/4