Venezia 79, la recensione di L’origine du mal

Biennale Cinema 2022 | L'origine du mal

Altro prodotto interessante uscito dalle sezioni “minori” (si fa per dire) della Mostra di Venezia 2022, vale a dire Orizzonti Extra, L’origin du mal conferma l’ottimo stato di salute del cinema francese quando riesce a coniugare genere e sensibilità narrativa. Il film di Sébastien Marnier, oltre a ribadire come Laure Calamy sia una delle attrici più brave d’Oltralpe e non solo, è un dramma con venature thriller, un ritratto di famiglia altoborghese cinico e spietato quanto i suoi personaggi.

L’origine del male è proprio la famiglia, lascia intendere il film, o più precisamente il patriarcato, quello titanico, assolutista e prevaricatore di Serge (Jacques Weber), padre padrone dalla ricchezza sconfinata (ça va sans dire, qui la dinastia facoltosa è anche espressione del capitalismo più corrotto) e maschio dominante che ha imposto, non a caso, nomi androgini alle figlie. Il resto della famiglia è però composta da donne, in cui si insinua Stéphane, la figlia illegittima mai riconosciuta che vuole un posto in quella casata dove pure l’atmosfera è tutto fuoché felice e serena. Ma Stéphane è davvero chi dice di essere?

Non diciamo oltre per non spoilerare la catena di colpi di scena che infiamma questo carnage di inganni, astio e prevaricazioni che parte un po’ in sordina ma conosce un notevole climax sino a un finale impeccabile e dove ogni elemento è studiato con attenzione: pensiamo alla contrapposizione tra l’esterno squallido da cui proviene la protagonista e la villa signorile che fa da sfondo alla maggior parte delle vicende, dove ogni eleganza aristocratica è accantonata in favore di un accumulo pacchiano di oggetti a manifestare uno sfarzo incontrollato e inutile, un po’ come nella Xanadu di Welles. O alla dicotomia tra i due edifici principali, che sono, per l’appunto, la villa e il carcere, a indicare come l’antieroina che la Calamy si cuce addosso con un talento sorprendente non faccia altro che passare da una prigione all’altra. Marnier inserisce anche alcune curiose e non gratuite trovate formali, come lo split screen e il cambio di formato, che rendono ancora più interessante un racconto via via sempre più crudele e anticonsolatorio, dove non esiste un solo personaggio positivo (eccetto la nipote, che – unica vera pecca del film – non viene abbastanza esplorato) e la natura umana viene esplorata in tutta la sua meschinità e violenza.

Voto: 3/4