Venezia 79: Master Gardener di Paul Schrader, la recensione

Master Gardener, il nuovo film di Paul Schrader con Joel Edgerton e  Sigourney Weaver: il nostro verdetto - Sortiraparis.com

Alla Mostra di Venezia piace Paul Schrader, e viceversa. Il regista e sceneggiatore statunitense, dopo aver portato sul Lido negli scorsi anni i suoi splendidi First Reformed e Il collezionista di carte, entrambi ingiustamente poco considerati al botteghino benché tra i film americani più significativi dell’ultimo decennio, ha scelto il festival italiano anche per il terzo capitolo di quella che lui stesso considera una trilogia su personaggi solitari e tormentati. Master Gardener è stato presentato fuori dalla competizione ufficiale, con lo stesso Schrader omaggiato del Leone alla carriera.

“Ho sempre pensato che avrei lasciato questo mondo mandando tutti a quel paese, ora invece vorrei farlo dicendo a tutti: vi amo”, ha dichiarato il regista 76enne a Venezia nel corso della masterclass a lui dedicata. L’amore, la speranza, la redenzione sono proprio alla base di questo trittico. Compreso Master Gardener che, diciamolo subito, è un titolo inferiore e meno riuscito dei due precedenti. Nonostante non arrivi alla potenza scenica di First Reformed e Il collezionista di carte (numerosi i punti in comune con quest’ultimo, fino all’autocitazione di alcune scene), la parabola del Narvel Roth interpretato da un efficace Joel Edgerton ci mostra un cinema coraggioso, orgogliosamente puro e anticommerciale, capace di affrontare in modo personale tematiche che oggi sono molto popolari a Hollywood, ma spesso trattate più per ansia da politically correct che con un reale intento autoriale.

Dietro la metafora del giardino e attraverso una messa in scena spoglia ed essenziale, Schrader racconta il razzismo endemico nella società americana dal punto di vista insolito: nel passato del protagonista c’è il suprematismo bianco e la sua parabola di redenzione si compie attraverso l’incontro con una ragazza per metà afroamericana. Centrale è anche il rapporto dei due con il personaggio di Sigourney Weaver, zia della giovane e protagonista di un legame particolare con Narvel. Per quanto non completamente riuscito e un po’ depotenziato nell’ultima parte, Master Gardener è un’affascinante opera di stampo bressoniano, che ci mostra sprazzi di altissimo cinema. Schrader si conferma ancora una volta sottile indagatore del ventre molle dell’America più controversa, ma anche dell’animo umano, dell’amore e della tenerezza che possono nascondersi persino dietro l’odio più cieco e assurdo.

Voto: 2,5/4