WARM BODIES di Jonathan Levine (2013)
-Cosa sei?
-Non lo so.
-Puoi essere quello che vuoi.
Cos’è R? Uno zombie. Le sue giornate trascorrono monotone e sempre uguali, ciondolando da una parte all’altra di un aeroporto di cui lui e un gruppo di “colleghi” hanno preso possesso. Ma R pensa e si dispera per la sua condizione immutabile. Soffre perché non conosce la vita e, soprattutto, non conosce l’amore, che si presenta inaspettato, un giorno, sotto forma di Julie, una ragazza con un padre assente, interessato solo alla lotta per la salvezza del genere umano, e un fidanzato che vive nell’emulazione del suddetto genitore. R si innamora a prima vista. Sarà l’inizio di una rivoluzione.
Tratto dall’omonimo best-seller di Isaac Marion e diretto da Jonathan Levine (50 e 50), Warm Bodies ha gli stessi produttori della Twilight Saga, con cui ha in comune l’argomento di base: la storia d’amore tra un’umana ed un essere soprannaturale. Ma le somiglianze finiscono qui, perché in questo caso si spinge il pedale sull’ironia e sull’eccesso, metaforizzando al contempo il disagio adolescenziale e la struttura sociale di un mondo in rovina.
Il corpo impacciato e senza vita di R (Nicholas Hoult) è compensato da un’interiorità vitale testimoniata dalla voce narrante del ragazzo che fa da tramite al nascente sentimento con Julie (Teresa Palmer). Il messaggio è chiaro: non è facile esprimere la propria vera essenza, soprattutto all’oggetto dei tuoi desideri, ma è meglio soffrire che non provare nulla.
Niente di nuovo, certo, e infatti l’originalità di questo film non risiede nella modalità di rappresentazione del rapporto tra i protagonisti e nemmeno nella denuncia dell’ottusità dell’essere umano, incapace di evolversi (“Dev’essere dura essere intrappolati lì dentro”, dice Julie a R; “ma io ti vedo. Vedo gli sforzi che fai. Ti sforzi molto di più di tutti gli umani della mia città”) e peggiore dei mostri a cui dà la caccia (Romero aveva comunque fatto ben di meglio con La terra degli zombie), bensì nel rovesciamento del concetto di contagio. Inserendosi in un genere con regole fissate e standardizzate, Warm Bodies le stravolge: l’epidemia non deriva più, negativamente, da un morso ma, positivamente, dall’innamoramento tra due ragazzi, evento che innesca una reazione a catena inarrestabile e fa riscoprire ai cadaveri di avere ancora una scintilla di vita che può prendere il sopravvento e cambiare ogni cosa.
Non mancano inserti grotteschi dagli effetti esilaranti, accentuati dall’uso sapiente di una colonna sonora strepitosa. Uniche pecche: una lieve tendenza a prendersi un po’ troppo sul serio e una conclusione teatrale, mielosa e forzata rispetto al resto del film.
Nel complesso, comunque, il risultato è soddisfacente.
Voto: 2,5/4