IL CALENDARIO DI LUGLIO-AGOSTO 2012

 

Forse è quasi scontato dirlo, ma il film più atteso dalla redazione de I-Films on-line per questa estate cinematografica è Il cavaliere oscuro-Il ritorno di Christopher Nolan: titolo che vedrà il buio delle nostre sale soltanto il 29 agosto, mentre negli Stati Uniti uscirà ufficialmente il 20 luglio.


Per il resto, come da tradizione, i due mesi estivi non offrirarnno tantissimi titoli, ma qualche visione interessante si può certamente trovare: dai blockbuster (The Amazing Spider-Man o Biancaneve e il cacciatore) alle possibili sorprese (La leggenda del cacciatore di vampiri), passando per un importante ritorno come quello del grande Peter Weir (The Way Back).


 

 


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TAKE SHELTER di Jeff Nichols (2011)

Nel desolante panorama delle uscite estive, interrotto solo sporadicamente da qualche attesissimo blockbuster (quest’anno è la volta di The Amazing Spider-Man e The Dark Knight Rises) può capitare, forse per la distrazione degli accaldati distributori, che spunti fuori qualche titolo curioso e interessante del panorama indipendente.

È questo il caso di Take Shelter, opera seconda di un giovane cineasta dell’Arkansas, Jeff Nichols, che pare aver eletto come attore feticcio l’altissimo e inquietante Michael Shannon, già protagonista dell’esordio Shotgun Stories
(2007)

Qui Shannon è chiamato, accanto all’eterea Jessica Chastain (talento ormai rivelato ai più grazie alla bella performance in The Tree of Life), a impersonare Curtis, tranquillo operaio e padre di famiglia premuroso nei confronti della figlia affetta da sordità.

 

 

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MARLEY di Kevin MacDonald (2012)

None but ourselves can free our mind.
Wo! Have no fear for atomic energy,
‘Cause none of them-a can-a stop-a the time.
How long shall they kill our prophets,
While we stand aside and look?
Yes, some say it’s just a part of it:
We’ve got to fulfil de book.
Won’t you help to sing
Dese songs of freedom? –
‘Cause all I ever had:
Redemption songs –
All I ever had:
Redemption songs:
These songs of freedom,
Songs of freedom

 

(Redemption SongBob Marley)

 

 

 

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DETACHMENT di Tony Kaye (2011)

È dura fare l’insegnante al giorno d’oggi, specie in un liceo pubblico della periferia statunitense, panorama di (dis)umana desolazione fatta di studenti aggressivi e privi di ambizioni, genitori assenti e ottusi quando non oppressivi, professori rassegnati e disillusi. In una di queste realtà fa capolino Henry Barthes, supplente di letteratura di spiccata vocazione, che attraverso le parole di Camus, Poe e Orwell riesce a far breccia anche nel cuore dei ragazzi più difficili. Il problema è che la vita privata di Barthes è tutt’altro che serena: tormentato da una terribile tragedia infantile e da un passato familiare angosciante, l’uomo si trascina in un vissuto quotidiano disperato e privo di speranza, facendo del nomadismo professionale e del distacco dagli altri una scelta obbligata e una questione di sopravvivenza. Almeno fino all’incontro con una giovanissima prostituta e un’allieva artisticamente dotata ma immersa in un profondo disagio esistenziale.

 

 

 

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LE PALUDI DELLA MORTE di Ami Canaan Mann (2011)

Sono sempre più frequenti i casi di “trasmissione” del mestiere di regista da padre a figlio. Un virus in piena diffusione, come dimostra il recentissimo battesimo di Brandon Cronenberg a Cannes. Dopo Sofia Coppola, durante la Mostra del Cinema di Venezia dello scorso anno è toccato ad un’altra figlia d’arte con un illustre cognome misurarsi con la scena internazionale: Ami Canaan Mann. Superfluo spendere parole o aggettivi sul ceppo paterno della famiglia. E’ invece importante sottolineare l’uscita nelle sale italiane del secondo lungometraggio della cineasta americana, Texas Killing Fields, con il titolo Le paludi della morte. Il film racconta una sanguinosa vicenda di cronaca nera, ispirata ad una serie di omicidi seriali realmente accaduti in Texas, nell’area paludosa dei cosiddetti Killing Fields. E’ questo luogo di morte il protagonista assoluto del film. Una spettrale terra di nessuno in cui la pervasiva presenza del petrolio ha sommerso e cancellato l’intero ecosistema costiero, mentre per anni la minaccia invisibile di un assassino seriale ha affondato indisturbato nell’oblio le vite di decine di giovani donne. Questo plumbeo scenario conferisce al film un tono ed un’atmosfera di sicuro interesse, in cui riecheggiano le memorie di tanto cinema noir statunitense.

 

 

 

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ROMAN POLANSKI: A FILM MEMOIR di Laurent Bouzereau (2012)


Roman Polanski, intervistato dall’amico e produttore Andrew Braunsberg, concede un documentario sulla sua vita. L’opera è realizzata nella casa del regista a Zurigo, mentre si trova agli arresti domiciliari, dopo il clamoroso “fermo” al Festival del cinema, dove si era recato per ritirare il premio alla carriera.

Si parte dal periodo dell’ infanzia, nel ghetto di Varsavia, con il primo grande dolore di Roman: la morte della madre ad Auschwitz. Mentre ci racconta il terribile incubo della persecuzione e la morte della madre, scorrono le immagini de Il pianista. Si scopre così che molte sequenze del film riprendono fatti personali realmente accaduti. E proprio queste strazianti memorie suscitano in lui una commozione intensa e struggente. Non stupisce, perciò, il fatto che tra tutti i suoi film, se dovesse scegliere, Il pianista è quello a cui è più legato e per cui vorrebbe essere ricordato.

 

 

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C’ERA UNA VOLTA IN ANATOLIA di Nuri Bilge Ceylan (2011)

Cera-una-volta-in-Anatolia locandinaParte ambizioso, l’ultimo film di Nuri Bilge Ceylan, con quel titolo che pare evocare sia toni fiabeschi che i capolavori di Leone. Turco nato a Istanbul classe 1959, Ceylan è al suo sesto lungometraggio ed è ormai un frequentatore assiduo del Festival di Cannes, dove ha già vinto diversi premi: dal Grand Prix Speciale della Giuria più Palma d’oro per la Miglior interpretazione maschile nel 2003 con il film Uzak al premio per la Miglior regia nel 2008 con l’acclamato Le tre scimmie.

Anche C’era una volta in Anatolia ha convinto i giurati dell’edizione 2011, che gli hanno attribuito un altro, meritato, Gran Prix. A un anno da riconoscimento, gli schermi italiani hanno finalmente l’onore di ospitare questo film, presentato da Andrea Occhipinti e distribuito dalla Parthénos.

 

 

 

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IL DITTATORE di Larry Charles (2012)

Il-dittatore-locandinaNota dell’autrice: questa recensione si basa sulla versione in lingua originale del film. L’autrice spera, ma non garantisce, che l’adattamento italiano mantenga intatto lo spirito e i contenuti dell’opera.

 

Sacha Baron Cohen, il cattivo ragazzo ebreo, è di nuovo fra noi. Dopo le numerose apparizioni d’autore (era il barbiere italiano Corelli per Tim Burton in Sweeney Todd e il temibile agente ferroviario per lo Scorsese di Hugo Cabret) torna a far danni con una delle sue esilaranti e minacciose creature.
Per la regia di Larry Charles, al quale aveva già affidato le tragicomiche vicende americane del giornalista kazako Borat e del reporter di moda austriaco Brüno, Cohen dà corpo questa volta al generale Aladeen, una caricatura al vetriolo del dittatore contemporaneo.
 
Sovrano assoluto dell’inesistente Repubblica nordafricana di Wadiya, il generale incarna tutte le caratteristiche tipiche del governante megalomane: impone il culto della propria immagine e della propria persona (sostituendo con “aladeen” gran parte delle parole del dizionario locale, con esilaranti esiti), seduce a pagamento un gran numero di star del cinema (da Megan Fox a Schwarzenegger), dà sfogo a ogni suo capriccio e fa giustiziare chiunque interferisca con il suo cammino. Al suo fianco, nei panni dell’infido zio Tamir, un Ben Kinglsey in splendida forma.

 

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21 JUMP STREET di Phil Lord e Chris Miller (2012)

Dopo un piacevole film d’animazione come Piovono polpette del 2009, la coppia Chris Miller e Phil Lord prova a cimentarsi con il live action. E il risultato e che ora piovono… schifezze. L’adattamento parodistico (almeno concediamo il beneficio del dubbio) di 21 Jump Street va infatti ad inscriversi nella lista delle trasposizioni cinematografiche di telefilm anni ’80, tutte poco riuscite e men che meno indimenticabili. Ma se A – Team, Charlies Angels e Starsky&Hutch avevano almeno una loro ragion d’essere, seppur minima, la pellicola di Miller e Lord raggiunge quasi i minimi storici del trash. Tratto da una serie televisiva in cui quattro agenti di polizia dall’aspetto giovanile risolvevano casi come infiltrati sotto copertura nei licei, il film è un riassunto dei peggiori cliché e delle più basse volgarità che fanno quasi invidia alla deriva di American Pie.

Schmidt (Jonah Hill) e Jenko (Channing Tatum) sono presentati come l’impacciato nerd e il bullo tonto del liceo, salvo poi ritrovarsi alla scuola di polizia e divenire migliori amici, per poi essere infiltrati in un liceo per un caso di droga, in quel luogo che farà riaffiorare tutti i loro problemi di gioventù irrisolti.

 

 

 

 

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GERRY di Gus Van Sant (2002)

Due giovani amici con lo stesso nome, Gerry, affrontano un viaggio nel deserto americano, senza il minimo bagaglio né una meta chiara. La macchina da presa li segue ossessivamente attraverso il loro cammino ostinato ma confuso, sempre più disperato, che può approdare solo a una conclusione estrema e tragica.

Il nono lungometraggio di Gus Van Sant è uno dei più insoliti e antinarrativi film americani degli ultimi anni: puro cinema minimale, spogliato di ogni orpello scenografico e visivo, incorniciato in perfette unità di luogo, tempo e azione. Due attori (gli ottimi Casey Affleck e Matt Damon), qualche comparsa, l’infinito di una landa desolata e nient’altro. Dedicato alla memoria dello scrittore Ken Kesey (morto nel novembre 2001) e presentato al Sundance Film Festival e al Toronto Film Festival nel 2002, il film è stato distribuito in patria solo nel 2003 in pochissime copie. In Italia, e la cosa non deve stupire, non è mai arrivato.

 

 

 

 

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LA MIA VITA È UNO ZOO di Cameron Crowe (2011)

La-mia-vita-e-uno-zoo coverL’idea non era male, una favola certo, ma tratta da una storia vera: due ragazzi perdono la madre, il padre alle prese con tutta le difficoltà che questo comporta trova la via d’uscita comprando uno zoo in chiusura, pieno di bestie esotiche e incantevoli, e tenta di rilanciarlo. Sennonché le aspettative vengono una dopo l’altra disilluse, e forse solo la bellezza degli animali rimane.

Cameron Crowe, regista statunitense e autore di film come Jerry Maguire, sbaglia il tiro nel momento in cui, grossolanamente, crede che possano essere i due occhi acquosi di una tigre e i riccioli di una bambina a tenere in piedi un film che manca quasi completamente di spessore narrativo. La piattezza e la prevedibilità con cui le cose sono raccontate, sebbene il fatto in sé non sia tanto comune, si accoppia all’inconsistenza e alla banalità dei personaggi, tra i tanti esempi: l’adolescente difficile, che – guarda un po’ – riversa in macabri disegni la sua rabbia; il padre Benjamin, Matt Damon, che non riesce a guardare la foto della moglie, con immancabile riflesso accecante dello scatto in contro luce; e poi c’è Kelly, la determinata, bellissima e – ovviamente – single inserviente dello zoo, interpretata da Scarlett Johansson.

 

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POETRY di Lee Chang-dong (2011)

La poesia per mettere al sicuro le parole e i ricordi. La poesia per tirare fuori la parte più bella dalle cose più semplici ed ordinarie, mentre intorno il mondo si imbruttisce dando un valore monetario ad una vita spezzata. La poesia come messaggio d’addio da lasciare alla fine del proprio percorso di vita. La poesia come epitaffio scritto a se stessi.
Chang-dong Lee scrive e dirige l’intenso dramma di Mija, una sessantenne che guadagna quanto basta per lei e per il nipote adolescente lavorando come badante in casa di un vecchio disabile. Mentre si manifestano in lei i primi sintomi della sindrome di Alzheimer, il suicidio di una giovane liceale la coinvolge, suo malgrado, in maniera inaspettatamente diretta. Un corso di poesia e immersioni nella natura sembrano l’unica via di fuga da una realtà fin troppo pesante e dolorosa.

 

 

 

 

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PROJECT X di Nima Nourizadeh (2012)

Prima di sballarsi al proprio addio al celibato (l’ultima follia da single), un uomo ha affrontato una serie di feste che gli resteranno per sempre impresse nella mente. Ci sono compleanni passati a scorrazzare per il parco con gli amichetti delle elementari, i ritrovi delle medie dove l’attenzione scivola inevitabilmente sulle “amichette” e, da adolescenti, le feste delle superiori in cui la voglia di trasgredire è inversamente proporzionale alla maturità dei partecipanti. I produttori di Una notte da leoni, esperti in festeggiamenti degenerati, hanno voluto raccontarci un party fuori controllo organizzato da quattro diciasettenni un po’ sfigati. Il film è intitolato PROJECT X – Una festa da sballo, diretto da Nima Nourizadeh con la tecnica del found footage, ovvero delle fittizie riprese amatoriali.

 

 

 

 

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FIRE OF CONSCIENCE di Dante Lam (2010)

 Il detective Manfred e l’Ispettore Kee sono due poliziotti le cui strade si incrociano per puro caso: mentre il primo indaga sull’omicidio di una prostituta, l’altro ha bisogno d’aiuto per trovare dei ragazzini che hanno rubato il cellulare ad uno dei suoi informatori. Nonostante le differenze di ruolo e di grado, tra i due si stabilisce subito una certa sintonia destinata però a trasformarsi in dubbi e sospetti quando Manfred scopre che dietro le azioni di Kee si celano fini tutt’ altro che leciti.
In Fire of Coscience non ci suono buoni e cattivi ma solo uomini di legge che camminano sul confine, a volte superandolo abbondantemente, che separa la giustizia dalla criminalità. Poliziotti consumati da un male oscuro radicato nella sfiducia verso il sistema o in un inestinguibile desiderio di vendetta.

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LOVE & SECRETS di Andrew Jarecki (2010)

Love e_Secrets_2012Giunto in Italia con due anni di ritardo, sull’onda lunga del successo di Drive e Le idi di Marzo, Love & Secrets è la definitiva consacrazione di Ryan Gosling nell’Olimpo dei grandi attori. Esibendo un’interpretazione paragonabile per complessità a quella del nazista ebreo di The believer, qui si cala nei panni di un giovane imprenditore mentalmente instabile, i cui fantasmi del passato tendono a riaffiorare sempre più prepotentemente, in particolare dal momento in cui si trova (forse) coinvolto nella scomparsa della moglie, una bellissima Kirsten Dunst.

Ad una prima parte più intimista, davvero di grande atmosfera, in cui si scava nella psicologia dei personaggi, si contrappone una seconda parte venata di mistero, in cui il clima di tensione è impreziosito da mirati ammiccamenti al Maestro Hitchcock. I colpi di scena sono perfettamente dosati e risultano subordinati ad un pregevole lavoro di approfondimento delle sfaccettate psicologie dei personaggi principali, perfettamente coerente ad una messinscena sobria e tradizionale.

 

 

 

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