UNDER ELECTRIC CLOUDS di Alexey German Jr.
Scritto da Simone Soranna
Under Electric Clouds è uno dei film più autoriali passati in rassegna sinora alla kermesse torinese. Questo fatto implica una notevole difficoltà di giudizio, che meriterebbe più tempo per essere maturata a dovere e, soprattutto, una seconda visione. Sin da subito però è chiaro che l’opera firmata dal regista russo è una pellicola ambiziosa, lirica, solida, umana e circondata dal primo all’ultimo minuto da un pessimismo lacerante.
Articolato in sette episodi ambientati in un’ipotetica (ma forse non troppo) Russia del 2017, il film segue spaccati di esistenza di diversi personaggi accomunati da un senso di inadeguatezza nei confronti di un alto e spettacolare edificio a rischio di smantellamento. Ricreando un paesaggio livido e desertico, Alexey German lascia muovere i suoi protagonisti all’interno di uno spazio disorientante, omologato e senza punti di riferimento che rispecchia esattamente le loro vite. La componente umana e la solidarietà saranno le carte che (forse) daranno loro accesso ad una via di fuga, lontana dalla freddezza metallica delle macchine (presenti in massa durante il film tra robot, motorini, palazzi, industrie ecc.) e dal rigido individualismo legato alle differenze di razza, lingua e cultura.
Avvalendosi di una regia studiata nei minimi dettagli, con lunghe inquadrature dotate di rara bellezza e movimenti di macchina sinuosi e mai ingiustificati, German riesce a dar prova del suo talento visivo senza mai scendere a patti con lo spettatore. Il film infatti è davvero complesso e spinoso da seguire, calibrato su tempi molto lunghi e su un’estetica autoriale che ricorda decisamente la matrice geografica di provenienza del regista. Affascinante.
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