OSCAR 2016: TUTTI I PREMI

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All’alba delle 06.00 si è conclusa l’ottantottesima edizione dei premi Oscar! La serata si è conclusa con il premio al miglior film vinto da Il caso Spotlight di Tom McCarthy che a sorpresa vince sul Revenant di Inarritu. Mad Max: Fury Road ha vinto il più alto numero di statuette (6) grazie a tutti i riconoscimenti nei reparti tecnici, mentre sul fronte artistico sembrava proprio la pellicola del regista messicano a essere favorita grazie alle statuette assegnate a Leonardo Di Caprio (alleluja), al regista e alla fotografia di Lubezki (la terza consecutiva dopo i film Gravity e Birdman).

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I (PRE)GIUDIZI DI MARZO 2016

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Dopo il calendario del mese, oggi è il turno dei nostri pregiudizi: ogni membro della redazione segnala due titoli in uscita nel mese, uno su cui si sente di mettere la mano sul fuoco per un esito positivo (segnalato come “Per me è sì”) e l’altro su cui invece ripone pochissime o nessuna speranza (“Per me è no”). Naturalmente sono (quasi sempre) film che non abbiamo ancora visto, si tratta solo di sensazioni in attesa di conferme.

Come sempre, vi invitiamo a giocare con noi (valutando tutte le uscite mensili) facendoci sapere cosa ne pensate e quali sono le vostre scelte. D’altronde… si tratta soltanto di pregiudizi. Ecco le scelte di ognuno di noi:

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L’ULTIMA PAROLA – LA VERA STORIA DI DALTON TRUMBO di Jay Roach (2015)

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Diciamolo pure, ma quanto ci era mancato Bryan Cranston? Sì, possiamo dire di averlo rivisto in Godzilla, ma molti di noi sono ancora fermi lì, al ricordo dell’epica morte di Walter White in Breaking Bad… Il resto è nulla! Con questo film però, Cranston (candidato come Migliore attore protagonista agli Oscar), riesce a far dimenticare per due ore la trasformazione Walter White/Heisenberg.

Ma procediamo con ordine. Credo sia doveroso, prima di parlare del film, introdurre e spiegare chi fosse Dalton Trumbo, per chi non lo sapesse. Trumbo era innanzitutto un uomo dai forti ideali politici e umani. Negli anni 40, ad Hollywood, divenne uno degli sceneggiatori e romanzieri più ricercati degli Stati Uniti. Lavorò con i più grandi: RKO, Columbia, MGM. Era un comunista convinto e schierato con i sindacati, forte sostenitore dei diritti civili e molto presente nella sfera sociale hollywoodiana.

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IL CLUB di Pablo Larrain (2015)

 

Cile. Quattro sacerdoti scomunicati si ritrovano reclusi in una vecchia casa come penitenza per i loro peccati. A seguito del misterioso suicidio dell’ultimo prete arrivato, Padre Lazcano (Jorge Soza), il giovane Padre Garcia (Marcelo Alonso) indaga per scoprire la verità e chiudere la casa per sempre, ma si scontra con il silenzio degli inquilini.

Presentato in concorso al 65° Festival di Berlino dove ha vinto l’Orso d’argento del gran premio della giuria, Il Club è il quinto film dell’acclamato regista cileno Pablo Larrain, che dopo aver raccontato le profonde contraddizioni politiche e sociali del passato del proprio Paese nella trilogia composta dai film Tony Manero, Post Mortem e No – I giorni dell’arcobaleno, sceglie di realizzare un complesso e ambizioso dramma che si impegna a scandagliare i lati più oscuri dell’umanità che mette in scena.

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GOOD KILL di Andrew Niccol (2014)

 

Good Kill è quell’espressione gergale, un po’ cameratesca e piuttosto aberrante, con cui i militari americani si scambiano i complimenti dopo un colpo andato a bersaglio. Quasi una pacca sulle spalle tra giocatori di videogame. Ad un gioco virtuale somiglia la guerra che Tommy Egan (Ethan Hawke) è costretto a combattere. La sue trincea è una comoda poltrona in una base militare del Nevada, le sue armi sono droni invisibili telecomandati in grado di colpire obiettivi sensibili a migliaia di chilometri di distanza. La CIA vuole utilizzare questa strategia anche per le missioni più controverse, dove il rischio di colpire civili innocenti è molto elevato. Per Tom il prezzo da pagare è una lenta ma inarrestabile deriva psicologica, che mette a repentaglio l’equilibrio della sua vita familiare.

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LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT di Gabriele Mainetti (2015)

 

Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) è un delinquente romano che compie piccoli furti per vivere. Dopo essere venuto a contatto con una sostanza radioattiva, l’uomo scopre di possedere una forza sovraumana. Decido ad utilizzare questo potere per se stesso, ma la sua vita cambia quando incontra Alessia (Ilenia Pastorelli), che crede che Enzo sia il celebre supereroe Jeeg Robot d’acciaio giunto a salvarla.

Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma nel 2015, Lo chiamavano Jeeg Robot è l’opera prima del regista Gabriele Mainetti, già autore di una serie di cortometraggi. Il film è stato accolto con entusiasmo da pubblico e critica, tanto da essere considerato il primo esempio di cinefumetto italiano. 

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ANOMALISA di Charlie Kaufman e Duke Johnson (2015)

 

Presentato in concorso all’ultimo Festival del Cinema di Venezia, dove ha anche avuto un ottimo riscontro di critica, Anomalisa, ultima fatica di Charlie Kaufman, arriva nelle sale nostrane con tutto il carico di aspettative che il regista di Synecdoche, New York e sceneggiatore di opere come Se mi lasci ti cancello porta con sé. Il risultato finale, tuttavia, risulta abbastanza deludente, nonostante siano evidenti sequenze ispirate e meritevoli di attenzione.

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Berlinale 2016: WHERE TO INVADE NEXT di Michael Moore, MILES AHEAD di Don Cheadle e SAINT AMOUR di Benoit Delepine e Gustave Kerven

 

WHERE TO INVADE NEXT di Michael Moore (Berlinale Special Gala)

Tornato dietro la macchina da presa a sei anni di distanza dall’ultimo Capitalism: A Love Story (2009), Michael Moore prova a dirigere un nuovo documentario dissacrante e politicamente scorretto con il suo solito stile irriverente e satirico. Ciò che in prima battuta sorprende in questo lavoro è sicuramente il tema meno scottante e politicamente necessario rispetto agli altri.

Non si parla di sanità, non si parla di elezioni politiche, di capitalismo o di armi vendute irrazionalmente. Ciò che preme il documentarista è un “semplice” e spietato confronto tra alcune delle caratteristiche migliori scovate in varie nazioni sparse in giro per il mondo e completamente assenti invece sul suolo americano, sul suolo di quello che a più riprese viene definito come il miglior Paese del globo. Moore si spoglia dunque dalle vesti di scopritore di verità scottanti e nascoste per adottare un punto di vista più ingenuo e spontaneo sicuramente idoneo a essere trattato con il soggettivismo e la goliardia che da sempre contraddistinguono il suo cinema. Proprio questa è la qualità maggiore dell’opera che, risultando sicuramente meno affascinante o necessaria di altre, si avvale comunque di un’onestà intellettuale spesso assente nei titoli precedenti firmati dall’autore.

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DEADPOOL di Tim Miller (2016)

 

Un nuova frontiera per le pellicole dei supereroi? Sì e no. Eh già, poiché nonostante Deadpool riesca a rinnovare il mercato con una fresca ventata di irriverenza, non si rivela sempre capace di svincolarsi da altre tipologie di patemi che affliggono solitamente i film appartenenti al genere.

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IL CASO SPOTLIGHT di Tom McCarthy (2015)

Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, Il caso Spotlight è ispirato alla vera storia del Team Spotlight, un gruppo di giornalisti del Boston Globe che indagarono sugli abusi sessuali perpetrati da membri della Curia di Boston verso bambini innocenti.

Un tema scottante e per certi versi controverso che il regista Tom McCarthy (co-sceneggiatore con Josh Singer) affronta di petto, plasmando un brillante esempio di cinema civile, solido e consapevolmente vecchio stile, antispettacolare ma mai dimesso e sempre ficcante nella sua disamina sociale.

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