SULLY di Clint Eastwood (2016)

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Si parla spesso di prime volte in Sully. La prima volta che il comandante interpretato da un perfetto Tom Hanks si ritrova a fare i conti con un simile incidente, la prima volta in cui a seguito di un ammaraggio non vi siano vittime, la prima volta di un incidente aereo che a New York non veicola terrore e morte, ecc. La domanda che Clint Eastwood si pone però è: siamo pronti? Siamo pronti ad accogliere un eroe? Siamo pronti a riconoscere un miracolo? Siamo pronti a guardare in faccia la realtà senza lasciarci intimorire dall’ingombrante presenza dei ricordi? Dopo aver affrontato la minaccia invisibile del terrorismo e, successivamente, quella ancor più gravosa del sospetto nei confronti del diverso (sfociato in uno stato di precaria lucidità e costante tensione), l’America di oggi osserva se stessa senza sapersi più riconoscere. Eastwood insiste nel posizionare i suoi personaggi di fronte a un vetro che restituisce i loro volti in trasparenza mentre questi sono intenti a osservare una realtà fittizia, condizionata dalle loro più recondite paure. Dunque non è caso che il film si apra proprio con un sogno o, per meglio dire, un incubo ricorrente covato non solo dal protagonista quanto da un’intera nazione.

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I (PRE)GIUDIZI DI DICEMBRE 2016

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Dopo il calendario del mese, è il turno dei nostri pregiudizi: ogni membro della redazione segnala due titoli in uscita nel mese, uno su cui si sente di mettere la mano sul fuoco per un esito positivo (segnalato come “Per me è sì”) e l’altro su cui invece ripone pochissime o nessuna speranza (“Per me è no”). Naturalmente sono (quasi sempre) film che non abbiamo ancora visto, si tratta solo di sensazioni in attesa di conferme.

Come sempre, vi invitiamo a giocare con noi (valutando tutte le uscite mensili) facendoci sapere cosa ne pensate e quali sono le vostre scelte. D’altronde… si tratta soltanto di pregiudizi. Ecco le scelte di ognuno di noi:

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Torino Film Festival 2016: FREE FIRE di Ben Wheatley

Dopo il passo falso di High Rise, Ben Wheatley torna a Torino e chiude la splendida kermesse torinese di quest’anno con Free Fire, dopo averlo già presentato con successo a Toronto e Londra. Ci troviamo a Boston nel 1978, un gruppo di militanti dell’IRA si incontra con dei trafficanti d’armi per l’acquisizione di un magazzino abbandonato, ma qualcosa non va per il verso giusto e finirà presto in una spietata sparatoria tra i due gruppi. Wheatley, con Free Fire gioca e si diverte con il genere, facendo divertire anche gli undici strepitosi gunfighters che, contrariamente dalla tensione drammatica che ci si aspetta da una situazione tragica e violenta di questo tipo, qui reagiscono emotivamente in maniera goliardica, con raffiche di battute irresistibili, totalmente estranee al contesto in cui si trovano, dato che  si stanno letteralmente facendo fuori uno ad uno.

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Torino Film Festival 2016: LA MÉCANIQUE DE L’OMBRE, PORTO, VETAR/WIND e TA’ANG

 

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LA MÉCANIQUE DE L’OMBRE di Thomas Kruithof (concorso TORINO 34)

Scritto da Valeria Morini

Duval (François Cluzet) è un mite ma metodico impiegato che un esaurimento nervoso ha condannato alla solitudine e alla disoccupazione, con un passato da alcolista. La prospettiva di un impiego e di un buono stipendio lo spinge ad accettare la strana richiesta del misterioso Clément (Denis Podalydès), a capo di un’oscura agenzia per la sicurezza nazionale: trascrivere a macchina alcune intercettazioni telefoniche. Tra quelle infinite conversazioni, però, Duval ascolta l’audio di un omicidio, connesso a un complotto che lo trascinerà in un vortice di intrighi politici e regolamenti di conti tra servizi segreti ufficiali e deviati.

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Torino Film Festival 2016: ESHTEBAK-CLASH, LAO SHI/OLD STONE e MOO YA

 

ESHTEBAK-CLASH di Mohamed Diab (FESTA MOBILE)

Nel 2013, appena due anni dopo il movimento che depose Mubarak e portò all’elezione del primo presidente eletto democraticamente, Mohamed Morsi, una nuova manifestazione depose il leader dei Fratelli Musulmani riconsegnando il potere nelle mani dei militari. Il giovane Mohamed Diab rievoca quei giorni di proteste in un piccolo grande film che mette in scena il fallimento di una rivoluzione e di un grande Paese intrappolato nelle sue contraddizioni sociali, politiche e religiose. Sono in trappola anche i suoi circa venti protagonisti, arrestati e ammassati all’interno di un furgone della polizia, a prescindere dalle diverse provenienze: ci sono giornalisti, esponenti dei Fratelli Musulmani, sostenitori dell’esercito, un tempo uniti nello spirito rivoluzionario e ora nemici, impegnati in un gioco al massacro senza un attimo di tregua, nel terrore dell’inferno che li circonda al di fuori di quella minuscola prigione di acciaio. Signori e signore, benvenuti nel grande cinema egiziano, quello che dall’universo di nicchia dei festival (prima di Torino, Clash ha aperto l’Un Certain Regard di Cannes 2016) meriterebbe pienamente di arrivare alle sale.

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UN REGISTA, TRE FILM: KEN LOACH

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Si sa, le classifiche si rivelano sempre dei giochi molto complessi da giocare per cinefili incalliti quali siamo noi. Ogni volta si incappa in mille perplessità su quale titolo mettere prima di un altro. Ci sono troppi fattori in gioco, l’obiettività, la soggettività, un attore del cuore, un’inquadratura che sovrasta tutte le altre, una colonna sonora incredibile ecc.

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Torino Film Festival 2016, tutti i premi: miglior film è “The Donor”

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La giuria del 34esimo Torino Film Festival – composta da Ed Lachman (USA, presidente), Don McKellar (Canada), Mariette Rissenbeek (Germania), Adrian Sitaru (Romania), Hadas Yaron (Israele) – ha assegnato i premi della manifestazione, proclamandoo miglior film Juan Zeng Zhe / The Donor di Qiwu Zang (Cina, 2016). Di seguito, tutti gli altri riconoscimenti:

Premio Speciale della giuria – Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (€ 7.000) a Los decentes di Lukas Valenta Rinner

Premio per la Miglior attrice a Rebecca Hall per il film Christine di Antonio Campos

Premio per il Miglior attore a Nicolas Duran per il film Jesus di Fernando Guzzoni

Premio per la Miglior sceneggiatura a Juan Zeng Zhe / The Donor di Qiwu Zan

Premio del pubblico a Wir Sind die Flut / We Are the Tide di Sebastian Hilger

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IL CALENDARIO DI DICEMBRE 2016

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Arriva finalmente dicembre, con la sua carrellata di film natalizi che promettono grandi incassi al botteghino. Il nostro film del mese è però Paterson, atteso ritorno in cabina di regia di Jim Jarmusch che sbarca finalmente in sala dopo il passaggio a Cannes 2016. Dicembre, dicevamo, è inevitabilmente anche il mese dei grandi blockbuster (Rogue One, primo film antologico dell’universo di Star Wars, il cartoon Disney Oceania, il nuovo film di Tim Burton Miss Peregrine e Il GGG di Steven Spielberg), così come dei cinepanettoni&affini, che hanno ormai moltiplicato l’offerta della commedia italiana di Natale. Da non perdere anche Sully di Clint Eastwood e un piccolo grande film d’animazione come La mia vita da zucchina. Buon Natale e buona visione!

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Torino Film Festival 2016: BETWEEN US di Rafael Palacio Illingworth

Between Us di Rafael Palacio Illingworth è stato il film di apertura della 34esima edizione del Torino Film Festival. I protagonisti sono Henry e Dianne, una coppia di trentenni che si ritrovano in quel momento del rapporto in cui, per convenzione, è necessario istituzionalizzare un legame nonostante le proprie voci interiori li mettano in guardia sulla serenità della loro relazione. I due brucieranno le tappe sposandosi in fretta e furia senza troppa convinzione, ma ovviamente l’istinto prevarrà e subito dopo una lite metteranno in discussione il loro legame.

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SNOWDEN di Oliver Stone (2016)

Comment le biopic sur Edward Snowden a failli ne pas voir le jour

Oliver Stone è tornato! Non in formissima da come si potrà vedere, risente ancora di qualche acciacco provocato dalle ultime due sue fatiche, Le belve e Wall Street – Il denaro non dorme mai, che non riscossero particolare successo, ne tra il pubblico ne tra i critici.

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Torino Film Festival 2016: A QUIET PASSION di Terence Davies

 

Negli Stati Uniti dell’Ottocento, quando la poesia, come ogni altra forma artistica, era predominio degli uomini, un’unica voce femminile si levò in tutta la sua la sua grazia e talentuosa creatività, peraltro ottenendo la notorietà e la pubblicazione della stragrande maggioranza dei propri scritti solo dopo la morte: fu quella di Emily Dickinson, oggi considerata, non solo nella letteratura americana, tra gli autori più importanti nel secolo. La figura della Dickinson, vissuta tra il 1830 e il 1886, gode di un alone di culto assoluto, cui fa da contraltare, in base alle pochissime informazioni disponibili sulla sua biografia, la singolarità di una vita appartata, trascorsa interamente nella casa paterna. Su questo personaggio sfuggente e a tratti oscuro, a dispetto delle circa 1800 liriche che ha lasciato ai posteri, Terence Davies confeziona un raffinato biopic, passato fuori concorso alla Berlinale 2016 e ora approdato al 34esimo Torino Film Festival nella sezione Festa mobile.

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Torino Film Festival 2016: DEATH IN SARAJEVO di Danis Tanović

 

Dopo essere stato presentato in concorso alla Berlinale 2016, dove si è aggiudicato il Gran Premio della Giuria e il Premio FIPRESCI, Death in Sarajevo arriva al Torino Film Festival diventando uno degli appuntamento clou di tutta la rassegna. Il bosniaco Danis Tanović ha realizzato un’opera di solidissima scrittura che è un trattato di Storia aggiornato alle esigenze cinematografiche più attuali, configurandosi come un esempio cristallino di riflessione sul passato che guarda a un futuro purtroppo sempre più incerto. Sarajevo, 28 giugno 2014. Nel giorno del centenario dell’attentato che scatenò la Prima guerra mondiale, il lussuoso Hotel Europa deve ospitare una delegazione di diplomatici e politici in città per commemorare lo storico evento. Oltre alle tensioni che deve sopportare il direttore dell’albergo Omer per organizzare tutto al meglio, si intrecciano le storie di una responsabile della reception e di sua madre, di una giornalista televisiva, di un ospite francese, di un addetto alla sorveglianza e di un fanatico politico.

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FilmMaker 2016, a Milano dal 25 novembre al 4 dicembre

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Al via il prossimo 25 novembre l’edizione 2016 di FILMMAKER INTERNATIONAL FILM FESTIVAL, in programma fino al 4 dicembre a Milano presso lo Spazio Oberdan e l’Arcobaleno Film Center. Nove le sezioni in cui si articola il programma di quest’anno: Concorso Internazionale, Prospettive, Fuori concorso, Natura selvaggia, Omaggio a Ulrich Seidl, Filmmaker Moderns, Fuori formato, Filmmaker off e Hello Happiness la retrospettiva dedicata Marie Losier, cui si aggiungono i film di apertura e chiusura, per un totale di 94 titoli, tra anteprime assolute e italiane. L’APERTURA del festival, venerdì 25 novembre (ore 21, Arcobaleno Film Center), è affidata a uno dei “casi” del cinema francese dell’ultima stagione, Nocturama di Bertrand Bonello: scritto ben prima che gli attentati del novembre 2015 insanguinassero Parigi, il film immagina la capitale francese messa a ferro e fuoco da un gruppo di adolescenti. Accanto a questo ultimo lungometraggio, Fuori concorso anche l’opera più recente di Bertrand Bonello, Sarah Winchester Opéra Fantome: un film “su commissione” (diretto su invito dell’Opéra di Parigi) ma del tutto personale, perfettamente coerente con le “danze di spettri” che sono la natura stessa dell’autore.

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Torino Film Festival 2016: SULLY di Clint Eastwood

 

Si parla spesso di prime volte in Sully, presentato in anteprima al 34esimo Torino Film Festival. La prima volta che il comandante interpretato da un perfetto Tom Hanks si ritrova a fare i conti con un simile incidente, la prima volta in cui a seguito di un ammaraggio non vi siano vittime, la prima volta di un incidente aereo che a New York non veicola terrore e morte, ecc. La domanda che Clint Eastwood si pone però è: siamo pronti? Siamo pronti ad accogliere un eroe? Siamo pronti a riconoscere un miracolo? Siamo pronti a guardare in faccia la realtà senza lasciarci intimorire dall’ingombrante presenza dei ricordi? Dopo aver affrontato la minaccia invisibile del terrorismo e, successivamente, quella ancor più gravosa del sospetto nei confronti del diverso (sfociato in uno stato di precaria lucidità e costante tensione), l’America di oggi osserva se stessa senza sapersi più riconoscere. Eastwood insiste nel posizionare i suoi personaggi di fronte a un vetro che restituisce i loro volti in trasparenza mentre questi sono intenti a osservare una realtà fittizia, condizionata dalle loro più recondite paure. Dunque non è caso che il film si apra proprio con un sogno o, per meglio dire, un incubo ricorrente covato non solo dal protagonista quanto da un’intera nazione.

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