ATTACK THE BLOCK di Joe Cornish (2011)

 Il nome di Joe Cornish, regista di questo film, non sarà nuovo ai cinefili un po’ più accaniti. Stiamo parlando dello co-sceneggiatore del Tintin di Spielberg, ma anche di un noto radiofonico e scrittore televisivo. Il suo esordio cinematografico è un film divertente, citazionista e interessante sotto alcuni aspetti, ma che rischia di essere sopravvalutato. Presentato in concorso allo scorso festival di Torino, dove, forse, ha ricevuto un’accoglienza un po’ troppo positiva, il film mescola fantascienza a tematiche di carattere sociale care al regista (la pellicola è ambientata nella sua Londra dove il problema delle gang persiste in alcuni quartieri).

Cornish gira per divertire ma soprattutto per divertirsi, sia giocando con un cinema di serie B sia creando personaggi molto fumettosi e situazioni assurde ma che facilmente troveranno il consenso del pubblico. Appunto, il facile consenso del pubblico. Attack the Block è un film divertente, non c’è dubbio. Trama semplice, azione a giuste dosi, battute serrate (meriterebbe una visione  in lingua originale per l’uso dello slang giovanile), protagonisti buffi per i quali simpatizzare ed antagonisti piuttosto “cattivi”. In tutto questo però bisogna procedere cauti a considerare tale pellicola, come in molti hanno fatto (e tra questi mi inserisco anche io dopo la prima visione) un piccolo cult citazionista

È vero, i giochi cinefili ci sono e sono gradevoli, le situazioni tratteggiate sono ben costruite e interpretate da perfetti sconosciuti, ma da qui a sostenere che siamo di fronte ad un piccolo gioiello che riflette sulla società alla stregua di Ken Loach ce ne passa. È vero, si parla di adolescenti, si parla di gangster, si parla di razzismo e si affronta il tema dei ghetti ancora (purtroppo) attuali in alcune zone londinesi. Però, prima di simpatizzare per i protagonisti a spada tratta, cerchiamo d capire che tipi sono, cerchiamo di non dimenticare cosa accade nella prima scena in cui vengono presentati e cerchiamo di non leggere la loro storia come una sorta di redenzione o come una perfetta metafora della (pre)adolescenza.

Cornish è bravo a costruire un film incalzante, con i giusti cambi di registro, con il giusto mix di azione e di ironia, con la giusta caratterizzazione dei suoi protagonisti, con un ottimo utilizzo di un budget limitato (e questa forse è la sua qualità migliore, sorprendente cosa sia riuscito a fare senza ingenti finanziamenti) però il tutto finisce lì. E ben vengano prodotti di questo tipo, ma non forziamoli più del dovuto.