BELLISSIMA di Luchino Visconti (1951)

Bellissima" di Luchino Visconti - Il sogno di elevarsi

Bellissima è il terzo lungometraggio viscontiano. È completamente costruito attorno al personaggio di Maddalena Cecconi, una popolana del Prenestino, interpretata da Anna Magnani, una delle più grandi attrici italiane.

Quando Maddalena viene a sapere, attraverso un annuncio radiofonico, che la Casa di produzione Stella Film bandisce un concorso tra le bimbe di Roma per l’interpretazione di un nuovo film del regista Alessandro Blasetti, porta a Cinecittà per le selezioni la figlia Maria.

 

 

Il film, girato completamente attorno al personaggio di Maddalena, mantiene forti legami con il neorealismo, ma tratta anche un discorso critico sul cinema e il suo farsi.

Infatti il fenomeno metalinguistico è un fenomeno evidente nei film dei primi anni cinquanta, e Visconti con Bellissima pone l’esigenza di verificare la natura del fatto cinema nei suoi processi produttivi e nei suoi effetti a livello di fruizione, parlando esplicitamente di lavoro nel cinema nella costruzione dell’immaginario spettatoriale.

Il film è a tutti gli effetti la perfetta rappresentazione dell’analisi del rapporto tra il cinema e il suo spettatore, e il personaggio di Maddalena ribalta la prospettiva neorealista per mettere in discussione la poetica del “cinema come vita”.

Se consideriamo anche i luoghi dello spazio, ci accorgiamo che in Bellissima, oltre agli studi di Cinecittà, anche tutti gli altri luoghi sono vissuti come palcoscenici: il cortile del caseggiato popolare in cui vive Maddalena con la sua famiglia è un vero luogo di rappresentazione e il posto dove Maria impara a recitare sotto la guida di Tilde Sperlanzoni funziona come un vero teatro in cui spettatori e attori possono scambiarsi le parti.

Inoltre, sotto il profilo formale, l’opera ci propone un denso lavoro d’inquadratura nell’inquadratura. Attraverso gli specchi prende forma un discorso sullo sguardo che alza progressivamente il livello della rappresentazione dove neorealismo e realismo si intrecciano nel film con la riflessione sul confine tra verità e recitazione.

Uno dei tanti momenti di tale riflessione è quello nella casa piena di specchi e di superfici riflettenti, nei quali la protagonista si trova inquadrata mentre recita la famosa frase ” in fondo che vor di recità?…” domanda che si pone contemplando la propria immagine riflessa nel doppio specchio del bagno.

Il cinema per Maddalena ha una doppia funzione: da un lato le consente di sognare, di sperare e dall’altro porta alla notorietà, al riconoscimento e alla realizzazione di chi vi è direttamente coinvolto.

Ma è in una delle sequenze sulla spettatorialità che assistiamo alla morte dell’illusione della protagonista quando, insieme a Maria nel famosissimo primo piano, assiste spiando alla reazione della troupe di fronte alla deludente performance della sua bambina.

Maddalena prende così coscienza dello stato di finzione, ed abbandona ogni stato di piacere e d’incanto con cui fino ad allora aveva vissuto il cinema, a favore della realtà.

Con Bellissima, Visconti affronta il problema del ritratto cinematografico recuperando, attraverso l’attrice – Magnani, la qualità del divismo, ed è come se all’inizio del nuovo decennio ci mettesse in guardia sulla vera natura del cinema.