Bones and All di Luca Guadagnino, la recensione del film con Timothée Chalamet e Taylor Russell

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Con Bones and All Luca Guadagnino torna a indagare il mare delle emozioni adolescenziali con un road movie solo apparentemente non convenzionale. La diciottenne Maren si mette in viaggio dopo essere stata abbandonata dal padre che non può più permettersi di proteggerla quando emerge in lei l’istinto irrefrenabile di nutrirsi di carne umana. La giovane si mette così alla ricerca della madre sconosciuta e lungo la strada scopre che esistono altre persone con i suoi stessi bisogni alimentari. Quando incontra Lee (Timothée Chalamet), giovane vagabondo che vive di espedienti, il viaggio assume un significato nuovo: dopo aver scoperto e rinnegato le rispettive radici, vanno alla ricerca di loro stessi.

Proprio questo è il tratto più riuscito del film di Guadagnino, sempre bravo a mettere in scena i turbamenti delle vite al limite, qui inevitabilmente violente, di due ragazzi che cercano un posto nel mondo lungo le strade degli Stati Uniti centrali. La loro condizione di cannibali, e il conseguente dilemma etico, della protagonista così come degli spettatori, risulta un colorato accessorio ad un coming of age pulito e ben strutturato, costellato di momenti debitori al cinema horror, come la bellissima scena iniziale. Lungo il road trip i due incontrano diverse figure, per lo più minacciose, e tutte magistralmente interpretate, con le quali si indaga, anche se meno in profondità, il rapporto con il male che deriva dall’espletazione dei loro bisogni.

Indimenticabile la prova del vero antagonista del film, Mark Rylance, ma degna di nota anche l’interpretazione di Michael Stuhlbarg, presente sullo schermo solo pochi minuti. La brillantezza degli attori è ben accompagnata da una confezione impeccabile, una fotografia notevole e presente, una scenografia curatissima e una colonna sonora all’altezza della fama meritata dei film del regista palermitano.

Voto: 3/4