Sussurri e grida, di Ingmar Bergman

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A cura di Francesco Pozzo

Verrebbe da chiedersi: ma coloro che idolatrano la bieca pornografia del dolore che è Vortex di Gaspar Noé, o – peggio – il The Whale di Darren Aronofsky, avranno mai visto Sussurri e grida del maestro Ingmar Bergman? Un film che potrebbe aver girato Dio, se Dio esistesse o fosse esistito (o forse Dio era Ingmar Bergman, semplicemente: avrebbe molto più senso), oltre che la prova concreta e tangibile che ogni grande cineasta fa un unico film per tutta la vita con qualche sottile variazione sul tema: un concetto che allo svedese si applica millimetricamente: dal Posto delle fragole a questo, dal Flauto magico a Luci d’inverno, da Sinfonia d’autunno a Fanny & Alexander, il bisogno e il senso profondo dell’amore e dell’affetto umano, del calore e della vicinanza prima di ogni cosa e prima ancora di un dialogo con un dio assente ma opprimente, è sempre stato il suo comune denominatore: e questo, si badi bene (sembrerà paradossale, ma è così), è un film medicatore: distrugge, ma purifica.

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Il male non esiste di Mohammad Rasoulof, la recensione

Il male non esiste - Film (2020) - MYmovies.it

“Perché mai la vita di un uomo dovrebbe dipendere dalla mia volontà. Chi mi ha eletta a giudicare se un essere debba vivere o se non debba vivere?”
Sonja, Delitto e castigo

Il male non esiste è un film con un concept molto chiaro per parlarci dell’Iran di oggi e dell’uso della pena di morte da parte del regime. Ma in realtà il film vuole andare più in profondità e parlarci della scelta, che ogni individuo ha sempre. La grande forza del film è non dare lezioni facili, non edulcorare le conseguenze delle decisioni, sia che siano pienamente condivise o che siano non-scelte. I personaggi di Rasoulof sono in ogni caso afflitti dalle loro scelte e non scelte, non sono eroi, non sono martiri, non sono cattivi, ma sono esseri pensanti carichi di dubbi e di desideri che si muovono in una realtà crudele che li mette alla prova in ogni momento (alcuni anche dopo anni). Uomini e donne che dovranno convivere con le loro azioni e pagarne le conseguenze.

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2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, un film che è un oltre film

2001: Odissea nello spazio - Film (1968) - MYmovies.it

“Siete liberi di speculare sul significato filosofico e allegorico di 2001: Odissea nello spazio. Io ho cercato di rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo, direttamente nell’inconscio.”

Così parlava (non Zarathustra) Stanley Kubrick del suo film. Perché parliamo, ci interroghiamo, guardiamo e ci stupiamo ancora così tanto di 2001: Odissea nello spazio, è un film del 1968? Un film che sembra non invecchiare mai e dove troviamo sempre nuovi spunti di riflessione.

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Le armonie di Werckmeister di Bela Tarr

Le Armonie di Werckmeister: il martirio della balena e la brevità della  memoria

“Verso di te rotolo, verso di te, balena che tutto distruggi senza riportar vittoria; fino all’ultimo mi azzuffo con te, dal cuore dell’inferno ti trafiggo; in nome dell’odio ti sputo addosso l’estremo respiro. Affonda tutte le bare e tutti i catafalchi in un vortice solo! e poiché né questi né quelle possono essere per me, ch’io ti trascini sbranata mentre continuo a darti la caccia, benché sia legato a te, dannata balena! Così, lascio andare la lancia” (Herman Mellville, Moby Dick)

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40 anni di Indiana Jones: 10 motivi per cui la saga è un cult

I Predatori dell'Arca Perduta: tutto quello che non sai sulle origini di Indiana  Jones | Anonima Cinefili

40 anni da I predatori dell’arca perduta: il 12 giugno del 1981 Indiana Jones sbarcava per la prima volta nelle sale americane, con il primo film di una saga che frullava in un mix James Bond e i film d’avventura del cinema classico. Sarebbero seguiti Indiana Jones e il tempio maledetto e Indiana Jones e l’ultima crociata (rispettivamente nel 1984 e nel 1989), poi lo spin off televisivo Le avventure del giovane Indiana Jones e quindi il pasticciatissimo e per certi versi imbarazzante quarto capitolo Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (2008). E non è finita: nel 2022 arriverà un quinto film, con Harrison Ford che è tornato a indossare la fedora di Indy a 78 anni.

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30 anni dalla caduta del muro di Berlino: GOOD BYE LENIN di Wolfgang Becker

Good Bye, Lenin! - Les Programmes - Forum des images

9 novembre 1989: crolla il muro di Berlino. 11 settembre 2001: crollano le Torri Gemelle. Si sgretolano d’un tratto anni di storia, di ideologia, di drammi feroci costruiti mattone su mattone. E tutto cambia. Ma che succederebbe se facessimo finta di nulla? Se immaginassimo di addormentarci qualche istante prima della caduta e ci svegliassimo poi, non ci culleremmo forse nell’innocua illusione che nulla sia mutato?

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In ricordo di Bernardo Bertolucci: IL CONFORMISTA
IL CONFORMISTA – Fondazione Prada
 
“Sto per costruirmi una vita normale. Sto per sposare una piccolo borghese.
Mediocre. Piccole ambizioni. Tutta letto e cucina”.

È attorno al concetto (e a una spasmodica ricerca) di normalità, che ruota Il conformista. Che poi normalità sia essere un “vero cittadino, un vero patriota, un vero fascista” è tutto da dimostrare. A meno di un mese dalla morte del maestro Bernardo Bertolucci, ci piace ricordarlo percorrendo i suoi primi passi. 1970. Siamo prima dello scandalo di Ultimo tango a Parigi, prima dei grandi kolossal e dei premi Oscar. Nove, per L’ultimo imperatore. Nove Oscar per l’Oriente, per la crudeltà della storia, per l’epica che si fonde con la solitudine.

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RITORNO AL FUTURO – PARTE II di Robert Zemeckis (1989)

Lo scorso anno, la distribuzione nelle sale di Ritorno al Futuro il 5 dicembre è stato un successo enorme, tale da “costringere” le sale cinematografiche ad aggiungere anche la data del 6 per l’enorme richiesta degli appassionati. Perché non ripetersi? E infatti il 23 ottobre in alcune sale sarà possibile godersi Ritorno al Futuro parte II, con cui Robert Zemeckis ha consacrato Marty McFly e Doc Brown nell’olimpo dei grandissimi ed indimenticabili della storia del cinema.

Si tratta del naturale proseguimento del primo film, con Doc (Christopher LLoyd) che richiama l’attenzione di Marty (Michael J. Fox) perché suo figlio, nel 2015, si trova nei guai ed è assolutamente necessario andare a salvarlo. Anche Jennifer, fidanzata e futura sposa di Marty, è coinvolta nel viaggio, in cui verrà trovato un almanacco con tutti i risultati sportivi dal 1950 in poi, e Biff è pronto ad approfittarne. 

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MONSTERS & CO. di Pete Docter (2001)

Arriva la serie di Monsters & Co.

Sono piccoli, ma forti. Hanno denti aguzzi e mascelle di ferro: i loro morsi lasciano il segno. Le loro mani appiccicose si insinuano ovunque sporcando, stropicciando, devastando. Lanciano urla agghiaccianti nel cuore della notte, singhiozzi lugubri che riecheggiano sinistramente nel buio. Una striscia di bava viscosa accompagna il loro cammino gattonante: masticano, succhiano e sputazzano tutto quello che trovano ricoprendolo di saliva. E si fanno la pipì addosso. Sono i nauseabondi, infetti, terrificanti bambini, visti dagli abitanti di Mostropoli. Un paese allegro e colorato, dove fra brulicare di tentacoli e annodarsi di code si vive in pace gli uni con gli altri. Le rapide incursioni nel mondo degli umani attraverso le porte-armadio servono solo a spaventare quegli orrendi marmocchi: dalle loro urla, Mostropoli sintetizza l’energia elettrica. Ma quando un giorno la piccola Boo decide che Sullivan, il mostro dei mostri, il re degli spaventi, è un tenero orsacchione e lo segue nella sua folle dimensione, tutto cambia.

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HAPPINESS di Todd Solondz (1998)

HAPPINESS, di Todd Solondz

Certo l’ultima causa dell’essere non è la felicità; perocchè niuna cosa è felice. Vero è che le creature animate si propongono questo fine in ciascuna opera loro; ma da niuna l’ottengono: e in tutta la loro vita, ingegnandosi, adoperandosi e penando sempre, non patiscono veramente per altro; e non si affaticano, se non per giungere a questo solo intento della natura, che è la morte” (Giacomo Leopardi)

 

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RITORNO AL FUTURO di Robert Zemeckis (1985)

Chissà cosa deve aver pensato Steven Spielberg quando, dopo 1964: Allarme a New York arrivano i Beatles (introvabile, del 1978), ha deciso di produrre per Robert Zemeckis un film che parla di un adolescente e di uno strambo dottore che viaggiano nel tempo su una DeLorean. Follia? Forse, ma a distanza di 27 anni, di Ritorno al Futuro si parla ancora, e mai si smetterà di farlo.

Le vicende di Marty McFly (Michael J. Fox) e del Dottor Emmet “Doc” Brown (Christopher Lloyd) sono infatti tra le più ammirate e conosciute di tutta la storia del cinema, una storia che l’accoppiata Spielberg Zemeckis è riuscita a rivoluzionare. Il primo film della trilogia è forse il più bello – anche se è dura decidere – e narra le vicende di Marty, un impacciato liceale, che si vede costretto a tornare nel passato per salvare il suo strampalato amico Doc, che è riuscito ad inventare una macchina del tempo. Marty si accorgerà delle enormi somiglianze esistenti tra la sua vita e quella dei suoi genitori, in un ingranaggio perfetto che permette di scoprire come suo padre sia diventato schiavo del suo capufficio Biff Tannen (il villain della trilogia) e di come in realtà si siano conosciuti i suoi. In tutto questo Marty dovrà fare attenzione: ciò che modifica il passato, necessariamente crea conseguenze anche nel presente, e non mancheranno quindi le gag comiche e le situazioni paradossali dovute alla discrepanza temporale tra i protagonisti della storia, su cui non può che spiccare la sequenza in cui McFly suona Johnny Be Good, di Chuck Berry, di fronte ad attoniti studenti degli anni ’50. 

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PLAYTIME di Jacques Tati (1967)

La finestra sullo schermo - Playtime ~ Architettura in città 2017

“In Keaton l’espressione è semplice come quella di una bottiglia, ma la bottiglia e il viso di Keaton possiedono punti di vista infiniti”. Così Luis Bunuel commentava l’essenza della comicità senza sorriso di Buster Keaton. Il volto di Keaton come una maschera in cui è possibile leggere infinite variazioni, modulazioni, sfumature espressive. Il più grande erede ed interprete europeo della lezione di Buster Keaton è stato probabilmente Jacques Tati. Riscoprire la grandezza del suo capolavoro “ultimo”, lo straordinario Playtime, significa avventurarsi dentro il miracolo di una visione unica e totale. Perché mai più ripetuta e ripetibile, anche a causa del titanico sforzo produttivo posto in essere per girare il film. E perché nella sua grammatica filmica rinuncia completamente a primi piani e dettagli, perseguendo la strada della osservazione ampia.

Il campo totale di Tati, come la faccia di Buster Keaton, è uno spazio aperto in cui far correre lo sguardo, un “testo” con più tracce sincrone offerte alla nostra lettura. Il campo totale in Playtime è anche la scelta linguistica che consente a Tati di raggiungere l’obiettivo di una visione quanto più simile a quella dell’occhio umano sulla realtà. Ed è all’occhio e all’intelligenza dell’uomo/spettatore che Tati affida il compito della messa a fuoco dinamica, del discernimento fluido, della selezione in tempo reale di cosa guardare nella complessa struttura delle sue inquadrature. Profondità di campo, schermo panoramico, vetri riflettenti. Tutto in Playtime contribuisce a dilatare lo spazio della visione, affidando allo spettatore la responsabilità e la fatica di cercare il dettaglio all’interno di una dimensione allargata.

 

 

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BELLISSIMA di Luchino Visconti (1951)

Bellissima" di Luchino Visconti - Il sogno di elevarsi

Bellissima è il terzo lungometraggio viscontiano. È completamente costruito attorno al personaggio di Maddalena Cecconi, una popolana del Prenestino, interpretata da Anna Magnani, una delle più grandi attrici italiane.

Quando Maddalena viene a sapere, attraverso un annuncio radiofonico, che la Casa di produzione Stella Film bandisce un concorso tra le bimbe di Roma per l’interpretazione di un nuovo film del regista Alessandro Blasetti, porta a Cinecittà per le selezioni la figlia Maria.

 

 

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THE TRUMAN SHOW di Peter Weir (1998)

The Truman Show. La recensione - Sentieri Selvaggi

 

Ma Pilato risponde a Gesù: “E che cos’è la verita?” (Gv 18, 38)

«Non c’era niente di vero. – Tu eri vero: per questo era così bello guardarti»

( Truman e Cristof, The Truman Show)

 

Tra i tanti pregi di questa pellicola, sicuramente non secondario è quello di riuscire a parlare a tutti. Weir costruisce un’opera commerciale, vendibile ovunque e a qualsiasi fascia d’età o pubblico.

 

 

 

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