Un colpo di fortuna – Coup de Chance di Woody Allen, la recensione

di Valeria Morini

Spesso nella vita basta un colpo di fortuna. Ancora una volta è il caso a regnare nell’universo cinematografico di Woody Allen, che con Coup de chance porta sullo schermo il suo cinquantesimo film, girato totalmente in francese e presentato in anteprima fuori concorso alla 80esima Mostra di Venezia. Se l’ostracismo hollywoodiano costringe il regista a girare lontano dalla sua New York il tocco alleniano non si è perso affatto. Coup de chance è una vera delizia, una brillante commistione tra commedia, dramma e thriller.

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Anatomia di una caduta di Justine Triet, la recensione

di Giulia Pugliese

Monica: “Non possiamo sempre capire”. Daniel: ”Ma io devo capire”


Anatomia di una caduta inizia con una caduta di una pallina da una scala, poi si passa a una scena che, anche se non sappiamo nulla dei personaggi, ci sembra molto chiara e che poi ci verrà spiegata e scardinata diverse volte. Il film si basa sulla ricostruzione del suicidio/omicidio del marito di Sandra (l’incredibile Sandra Huller), Samuel (Samuel Theis), ma con il termine caduta ci si riferisce anche alle cadute metaforiche dei personaggi: una moglie insoddisfatta del rapporto con il marito, un marito che cova rancore per il successo della moglie e un senso di colpa nei confronti della disabilità del figlio.

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Mary e lo spirito di mezzanotte, la recensione del film di Enzo D’Alò

Nome per eccellenza dell’animazione italiana, Enzo D’Alò incontra Roddy Doyle, scrittore irlandese noto per “The Commitments” o “Una stella di nome Henry”. Il regista napoletano, da sempre aperto all’adattamento delle fonti più disparate (da Rodari a Sepulveda, da Ende a Collodi), ci trasporta nelle atmosfere irlandesi con Mary e lo spirito di mezzanotte, una fiaba per bambini e adulti presentata in anteprima italiana al Lucca Comics & Games 2023.

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Napoleon, la recensione del film di Ridley Scott

A cura di Francesco Pozzo

Anche sforzandosi, è impresa ardua trovare qualcosa di buono da dire su questo film.

Per nulla entusiasmante, sconclusionato e rozzo come pochi, Napoleon è la prova provata che l’ormai ottantacinquenne Ridley Scott (che ha inanellato un paio di titoli divenuti presto e giustamente cult, ma che grande cineasta, in tutta franchezza, non è mai stato) è divenuto manifestamente la copia della copia di sé stesso.

Anzitutto, questo è un film vetusto, che fa sfoggio del digitale e di (spesso pessimi) effetti ultra-moderni ma che è nato vecchio se non già morto; è difatti più che legittimo domandarsi, guardandolo, in che modo questa nuova, esangue e letargica versione delle imprese del condottiero illustre dialogherebbe col presente, e chi mai potrebbe interessarsi, oggi, ad un’operazione di questo tipo.

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The Old Oak di Ken Loach, la recensione

Mirta Tealdi

T.J Ballantyne (Dave Turner) è il proprietario del The Old Oak, l’unico pub e unico punto di ritrovo degli abitanti di un piccolo paese del nord dell’Inghilterra (un tempo località mineraria). In paese serpeggia il malcontento da quando le autorità vi hanno spostato dei profughi siriani. Durante uno di questi arrivi, si è già riunita una piccola folla di persone che dimostrano con urla animate, anche T.J è presente e assiste alle incalzanti recriminazioni. Prima di scendere dal pulmino, una ragazza siriana fa delle foto e la persona fotografata, un tipo particolarmente aggressivo, le strappa di mano la macchina (per cancellare le immagini), che nel trambusto cade a terra e si rompe.

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Oltre lo specchio Film Festival, i vincitori

La quinta edizione di Oltre lo specchio Film Festival è al termine e ha assegnato i premi nella cornice dello storico Cinema Centrale di Milano. 18 i film in concorso, tra i circa 30 presentati nella manifestazione meneghina che esplora “il lato oscuro del cinema di genere”, in un viaggio tra fantascienza, horror e action pur con “deviazioni” oltre questi stilemi. Questo il palmares del festival.

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Kafka a Teheran di Ali Asgari e Alireza Khatami, la recensione

“Il Grande Fratello ti osserva” 1984 di George Orwell


Siamo abituati a pensare al male come qualcosa di eclatante, eccesivo, come un boato senza fine,
una tortura continua e un dolore che non lascia spazio a niente, ed è proprio così. Ma se invece
fosse un picchiettio, un sussurro, una goccia e qualcosa che striscia intorno a noi, che è sempre
presente?

Kafka a Teheran nasce da una tesi chiara: cosa vuol dire vivere in un regime adesso, nel
presente, dove comunque sappiamo cosa succede all’esterno, dove gli echi da altri Paesi ci
arrivano? Il film vuole farci vivere una quotidianità, vuole farci scoprire gli aspetti più assurdi, a
tratti ridicoli, vessatori, kafkiani e senza senso del regime islamico iraniano, senza però sminuire il
dolore delle persone. Il regime e chi lo perpetua sono ridicoli, il popolo e chi lo subisce non lo sono mai, per questo chi lo perpetua non merita neanche di essere visto mentre chi lo subisce non solo deve essere visto, ma sentito, investigato ed empatizzato. Il film è il tentativo riuscito di far sentire a chi non vive in Iran cosa prova il popolo iraniano.

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Killers of the Flower Moon, la recensione del film di Martin Scorsese

A cura di Francesco Pozzo

Nascita di una nazione, Scorsese Edition.

Che possiamo dire, di Martin Scorsese? Tanto per cominciare, come ricordato giorni fa via social dall’illustre collega che non necessita d’introduzioni Francis Ford Coppola, Martin Scorsese, semplicemente, è il più grande regista vivente. E già qui, potrebbe chiudersi la questione. Ma sarebbe ingiusto, perché il da poco ottantenne genio italoamericano, a differenza della stragrande maggioranza dei colleghi che s’affaccia non di rado malamente alle porte della terza età (almeno per quanto concerne la loro arte), riesce puntualmente in quel miracolo elettrizzante che accomuna invero una quantità estremamente sparuta di filmmakers: a superarsi. A far sì che noi, spettatori d’ogni latitudine, possiamo immancabilmente confidare che il film migliore sia quello che deve ancora venire.

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Il male non esiste di Ryûsuke Hamaguchi, la recensione

di Tommaso De Rai

Se incontri un cervo ferito insieme al suo genitore, ti potrebbe attaccare.
In Il male non esiste (Evil Does Not Exist) Takumi è il tuttofare di un piccolo paese immerso nei boschi. La comunità di cui fa parte vive in equilibrio con la natura ma è chiamata ad affrontare le criticità della costruzione di un glamping che rischia di destabilizzare questo rapporto.

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Asteroid City di Wes Anderson, la recensione

È un alieno-folletto Wes Anderson, proprio come uno dei personaggi del suo ultimo film Asteroid City che rappresenta un altro tassello di una filmografia così unica e personale, fatta di sfumature retro, rapporti famigliari sghembi, scenografie di cartapesta e sentimenti inespressi. Texano che vive a Parigi, re dell’estetica hipster, radunatore di cast stellari numerosi come le comparse di un kolossal, ambienta nel deserto americano questa curiosa storia di elaborazione del lutto, confronti genitori-figli, adolescenti plusdotati e microvillaggi visitati dagli Ufo, passata in concorso al Festival di Cannes 2023.

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Green Border di Agnieszka Holland

Non morirai, devi essere convinto che tu stai bene e non morirai!” The Secret Garden

Agnieszka Holland è una regista che sempre voluto raccontare la storia con un occhio atipico, a volte la Storia passata come in Europa Europa (1990) e Raccolto amaro (1985) o la Storia che scorre proprio sotto i nostri occhi A Woman Alone (1956), facendolo in maniera molto cruda e mai voltandosi dall’altra parte. In Green Border, la regista ci vuole proprio parlare di questa Storia che ci scorre vicino, senza che noi ce ne accorgiamo.

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Dogman di Luc Besson, la recensione

Il ritorno di Luc Besson dopo anni di cinema blockbuster e di controverse vicende personali con accuse di abusi (e relativo proscioglimento) è un film che strizza l’occhio all’età d’oro del regista francese, al noir mélo dei suoi film anni 90 più contenuti nei budget ma divenuti cult, come Léon e Nikita. Dogman, presentato in concorso alla 80esima Mostra di Venezia, è ancora la storia di un antieroe solitario e outsider, ancora un lampo di tenerezza in un universo marcio e violento.

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Comandante di Edoardo De Angelis, la recensione

La Mostra del cinema di Venezia numero 80 si è aperta nel segno del tricolore: dopo la cancellazione di Challengers di Guadagnino dal programma per lo sciopero di attori e sceneggiatori di Hollywood, a inaugurare il festival è toccato a Comandante di Edoardo De Angelis, emblema perfetto di un’edizione forzatamente poco internazionale almeno dal punto di vista degli ospiti (per il suddetto sciopero) e con una forte componente italiana tanto da avere ben sei titoli nostrani in concorso. produttivo rispetto alla media. Il regista partenopeo de Il vizio della speranza si confronta con la vera storia di Salvatore Todaro, comandante del sottomarino Cappellini durante la Seconda guerra mondiale, militare pluridecorato ma soprattutto fiero uomo di mare che in più occasioni salvò i naufraghi delle stesse navi nemiche che affondava. 

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Oppenheimer, la recensione del film di Christopher Nolan

A cura di Francesco Pozzo

Chi scrive ha un rapporto complicato con il cinema di Christopher Nolan, regista capace di alternare film belli o notevolissimi (su tutti: The Prestige, la trilogia del Cavaliere Oscuro e anche Dunkirk, con un po’ di generosità), ad altri concettosi, mediocri o finanche inguardabili come Inception o Tenet. O, in misura meno grave, Interstellar, titolo che poteva fino a questo momento considerarsi, con una certa evidenza, il suo lavoro più personale, più viscerale, più “suo” (che ovviamente non vuol dire il migliore: tutt’altro): quello più autoriale, che vorrebbe essere più sincero e che dovrebbe toglierci ogni dubbio, qualora ve ne fossero, su chi Nolan è, su ciò in cui Nolan crede, su cosa è per Nolan il cinema e su quali sono il suo sguardo (sul cinema, sull’uomo, sul mondo), la sua poetica, la sua weltanschauung.

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Il supplente di Diego Lerman, la recensione

 

In questa estate di “Cinema Revolution” in cui si punta ai far uscire titoli anche nei mesi più caldi sarebbe un bel segnale da parte del pubblico non solo andare a vedere Barbie, ma anche un bel film di cui si sta parlando molto poco come Il supplente, che è buona cosa vedere approdato in Italia dopo il passaggio al Festival del cinema africano, d’Asia e America Latina.

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