CHIAMAMI COL TUO NOME di Luca Guadagnino (2017)
Arriva nelle sale italiane con il migliore dei biglietti da visita Chiamami col tuo nome, a un anno dalla presentazione al Sundance Film Festival e alla Berlinale 2017: quattro nomination agli Oscar (compresa quella come miglior film), dopo diversi premi già conquistati negli Usa, per la pellicola di Luca Guadagnino, che consacrano definitivamente il regista di Io sono l’amore come uno dei più importanti autori italiani nel mondo. Girato in lingua inglese con interpreti internazionali ma interamente filmato in Italia (a Crema, Moscazzano e Pandino, con alcune scene sul lago di Garda e a Bergamo), racconta la calda estate del 1983 di Elio (Timothée Chalamet), 17enne americano in vacanza con i genitori nella casa di famiglia. L’arrivo di Oliver (Armie Hammer), giovane e affascinante dottorando studente del padre (Michael Stuhlbarg), cambierà per sempre la sua esistenza, con la nascita di un appassionato sentimento d’amore.
Non è una storia di Tondelli, ma un racconto di formazione tratto da un romanzo di André Aciman e sceneggiato da James Ivory, che Guadagnino dirige senza formalismi né fronzoli, con un’eleganza e una grazia che colpiscono al cuore. Il regista sostituisce l’originale ambientazione ligure del romanzo con una location a lui più familiare (è palermitano ma vive proprio a Crema) e, nonostante la co-produzione internazionale e il contrasto tra i protagonisti e il luogo (un gruppo di borghesi ebrei intellettuali in un mondo contadino) non cede all’inganno di un’Italia da cartolina. Il contesto storico-politico di quegli anni – l’ascesa di Craxi – rimane uno sfondo tutt’altro che trascurabile, ma che lascia in primo piano il coming of age di Elio, dai palpiti di desiderio ai primi incontri bisessuali, fino alla scoperta dell’amore vero.
L’assolata campagna lombarda, gli specchi d’acqua, la splendida dimora che fa da sfondo a gran parte della vicenda sono l’orizzonte visivo che Guadagnino adatta al percorso emotivo dei due protagonisti, che mantiene una delicatezza e una sobrietà innegabili anche nei momenti più eroticamente intensi. E, se il film sembra qua e là evocare precedenti illustri (è facile pensare a Io ballo da sola di Bernardo Bertolucci), l’autore riesce a restituire una visione e una sensibilità estremamente personali.
Straordinaria la performance del giovane Chalamet, che agguanta giustamente una candidatura all’Oscar (le altre vanno allo script di Ivory e alla canzone Mystery of Love di Sufjan Stevens) e colora il suo Elio di mille sfumature con un’immedesimazione sorprendente. Al suo fianco, si segnalano le ottime interpretazioni di Hammer e di Michael Stuhlbarg.
Voto: 3/4