Comandante di Edoardo De Angelis, la recensione
La Mostra del cinema di Venezia numero 80 si è aperta nel segno del tricolore: dopo la cancellazione di Challengers di Guadagnino dal programma per lo sciopero di attori e sceneggiatori di Hollywood, a inaugurare il festival è toccato a Comandante di Edoardo De Angelis, emblema perfetto di un’edizione forzatamente poco internazionale almeno dal punto di vista degli ospiti (per il suddetto sciopero) e con una forte componente italiana tanto da avere ben sei titoli nostrani in concorso. produttivo rispetto alla media. Il regista partenopeo de Il vizio della speranza si confronta con la vera storia di Salvatore Todaro, comandante del sottomarino Cappellini durante la Seconda guerra mondiale, militare pluridecorato ma soprattutto fiero uomo di mare che in più occasioni salvò i naufraghi delle stesse navi nemiche che affondava.
Interpretato da un ispirato Pierfrancesco Favino che affronta la parlata veneta e pone l’ennesimo tassello alla sua carrellata di personaggi illustri, Il Todaro raccontato è in particolare quello del primo di questi salvataggi per cui ancora oggi è considerato un eroe: in missione nell’Oceano Atlantico, il Cappellini affondò una nave belga ma poi ne mise in salvo l’equipaggio.
Davvero sorprendente per la grandiosità della lavorazione costata 15 milioni di euro, dalla costruzione di un autentico sottomarino agli effetti speciali utilizzati che non fanno sfigurare il film di fronte ad analoghe produzioni internazionali, Comandante è un film che schiera sequenze certamente suggestive (solo per dirne una, il lungo carrello iniziale del sommergibile e dell’equipaggio prima dell’imbarco) e ricrea in modo impeccabile l’atmosfera claustrofobica all’interno del Cappellini così come insiste – giustamente – sul crogiolo di dialetti e differenze culturali in un equipaggio proveniente da diverse regioni italiane.
Questa attenzione ai dettagli, alla ricostruzione storica e alla personalità peculiare e per molti versi anticonformista di Todaro sono aspetti che emergono ma al tempo stesso “affondano” in un oceano di retorica estetica e narrativa, che sfiora lo sciovinismo nei confronti di un’italianità sin troppo esibita ed esaltata, dalla combo cucina&mandolino all’insistenza sulla morale patriottica. “Perché ci avete salvati?”, “Perché siamo italiani” (curioso che invece non si senta la nota frase attribuita a Todaro “Un comandante tedesco non ha, come me, duemila anni di civiltà sulle spalle”).
Non mettiamo in dubbio la sincerità del pacifismo di fondo e del suo messaggio umanitario (l’idea del film parte peraltro dal racconto della storia di Todaro fatto dall’ammiraglio della Guardia costiera Pettorino nel 2018, per criticare velatamente la politica migratoria antisbarchi e anti-Ong), ma la regia di De Angelis e la sceneggiatura scritta da lui e da Sandro Veronesi appesantiscono l’operazione, rendendola forse poco attraente per un pubblico internazionale. Al contempo, in Italia Comandante potrebbe paradossalmente mettere d’accordo parti avverse: c’è chi ci troverà un parallelismo con i salvataggi dei profughi nel Mediterraneo e chi, anche in seno al governo, apprezzerà l’esaltazione di un eroe della patria.
Voto: 2/4