Dalla commedia ‘Nemiche per la pelle’ al documentario: intervista a Luca Lucini
Tra pochi giorni sarà in sala Nemiche per la pelle, che vedrà protagoniste Margherita Buy e Claudia Gerini: una coppia di grandi attrici per una storia su due donne di carattere diametralmente opposto che, improvvisamente, si ritrovano a crescere insieme un bambino (figlio di un comune ex partner, deceduto). Nel cast, anche Giampaolo Morelli, Paolo Calabrese e Andrea Bosca. Il regista è Luca Lucini, cineasta che dall’esordio nel 2004 con Tre metri sopra il cielo ad oggi – passando per pellicole come Amore, bugie & calcetto, Solo un padre e La donna della mia vita – ha esplorato le vie della commedia, spesso dolceamara. Ultimamente, però, Lucini ha percorso anche la strada del documentario, con Il Tempio delle Meraviglie – Teatro alla Scala e con il prossimo Leonardo Da Vinci – Il genio a Milano (in uscita a maggio). Abbiamo intervistato il regista, facendoci raccontare il suo lavoro tra linguaggi cinematografici profondamente diversi, i progetti futuri e la sua visione dell’industria filmica italiana contemporanea.
Partiamo dal tuo nuovo progetto, Nemiche per la pelle, che vedrà protagoniste Margherita Buy e Claudia Gerini. Com’è stato gestire e far lavorare insieme due attrici così importanti nello stesso film?
È stata una piacevolissima sorpresa. Mi piaceva l’idea di averle insieme e speravo in una combinazione particolare. Si è creata una sinergia, oserei dire una complementarietà, nell’espressività, nelle voci, nei personaggi scritti benissimo dalle sceneggiatrici Doriana Leondeff e Francesca Manieri. Sono una coppia comica veramente forte. Ho chiesto loro di fare commedia senza aver paura di esagerare. Perché la recitazione diventa macchiettistica quando non sono grandi attori! Se hai davanti un grande attore, puoi anche chiedergli di caricare il personaggio.
Quindi hai tirato fuori il lato comico della Buy!
La Buy è nata con la grande commedia di Carlo Verdone. Come tutti i grandi attori, sa passare dal drammatico al comico, ma purtroppo il cinema italiano la usa poco in questo senso. Sono orgoglioso che l’abbia fatto con me.
Tu hai iniziato dirigendo un film tratto da un best seller per il pubblico adolescente come Tre metri sopra il cielo e, dopo diverse commedie, hai diretto un documentario, Il Tempio delle Meraviglie – Teatro alla Scala, uscito in alcune sale lo scorso autunno e visto di recente al Busto Arsizio Film Festival. Pensi di continuare a percorrere questa doppia strada, da una parte il cinema più popolare e, se vogliamo, disimpegnato, e dall’altra, il documentario, il cinema del reale?
L’ho già continuata: è uscito in America e uscirà a maggio in Italia questo film sul periodo di Leonardo a Milano, Leonardo Da Vinci – Il genio a Milano. Un’esperienza molto bella. Sulla scia dell’ottimo risultato di Il Tempio delle Meraviglie ci hanno offerto quest’altro progetto che abbiamo gestito con una doppia ricerca sul personaggio. Abbiamo riproposto sullo schermo alcuni personaggi che interagirono con Leonardo, interpretati da attori come Alessandro Haber, Cristiana Capotondi, Paolo Briguglia, Gabriella Pession.
Il Tempio delle Meraviglie – Teatro alla Scala è stato molto apprezzato dal pubblico del Baff. Da regista, quale pensi che sia oggi il valore dei festival cinematografici?
Io stesso sono rimasto molto stupito e impressionato dalla competenza e dalla preparazione del pubblico di Busto su un argomento così particolare. Mi vien da dire: ben vengano festival così, con un pubblico così attento. Ovviamente, i festival sono anche l’occasione per mostrare prodotti che diversamente si fatica a vedere in sala. Al momento sono al Bifest di Bari, dove c’è l’anteprima nazionale di Nemiche per la pelle, un altro piccolo festival molto amato dal pubblico, le cui sale sono gremite di spettatori ansiosi di vedere il cinema italiano.
Sei impegnato in nuovi progetti?
Ho un paio di progetti che faccio fatica a portare avanti, di fronte a una realtà finanziaria complessa, dove chi decide spesso non ha l’elasticità e la lungimiranza di vedere un po’ più in là di quello che ha davanti agli occhi. Questo è un limite per il cinema. Continuo a leggere copioni che non mi interessano minimamente ed ecco perché non facevo un film da cinque anni. Per fortuna lavoro nella pubblicità e ora anche nei documentari, per cui il cinema ci tengo a farlo quando ne vale la pena. Uno dei progetti in questione è tratto da un romanzo francese molto bello e intenso, che ha come protagonista un anziano costretto a sposarsi con una donna molto brutta. Una cosa divertente e sociologicamente interessante, ma ovviamente la storia di un vecchio e di una brutta non ha appeal cinematografico! Il secondo è un progetto che ha vinto il Premio Solinas, scritto da Mauro Spinelli (un bravissimo sceneggiatore cui devo il mio ingresso nel cinema, dal momento che ha prodotto il mio primo corto): è una commedia ambientata nei primi anni Ottanta che ha per protagonisti due ragazzini di 12 anni. Anche in questo caso, è difficile trovare finanziamenti perché non puoi metterci degli attori noti. E poi, c’è questo bellissimo romanzo, molto drammatico, ambientato nel dopoguerra, che vorrei adattare per lo schermo.
Con te hanno lavorato i più importanti attori italiani (Scamarcio, Argentero, Gassmann, Placido, Sandrelli, Battiston e tantissimi altri). Come hai fatto a convincerli?
Beh, diciamo che, nel mio piccolo, ho avuto la fortuna di scoprire Riccardo Scamarcio (che non è una scoperta, perché penso che fosse in ogni caso destinato a fare grandi cose) e dirigerlo nei suoi primi film importanti (Tre metri sopra il cielo e L’uomo perfetto, ndr), o di lanciare attori come Luca Argentero, quando ancora aveva fatto poca roba, o Anna Foglietta. La coppia Finocchiaro-Bisio è nata nel mio Amore, bugie & calcetto. Inoltre, forse sono l’unico regista dell’ultima generazione che non ha fatto il sequel del suo film più importante: ho detto no al seguito di Tre metri sopra il cielo anche se me lo avevano offerto (e sarebbe stata anche una bella possibilità da un punto di vista economico!). Per cui quando chiedo un favore a un attore mi accontenta! Ognuno fa le sue scelte, ma la tendenza a girare un seguito ogni volta che un film ha successo penso che sia un limite.
Chiudiamo con una domanda ironica: quindi non rinneghi di aver fatto Tre metri sopra il cielo?
All’epoca era un prodotto innovativo, dal momento che non esisteva un cinema di genere per i teenager, che è un pubblico esigente e difficile ma importantissimo. Anche in questo caso, con un atteggiamento poco lungimirante, in pochi anni hanno “distrutto” questa tendenza che si era creata con film come Tre metri sopra il cielo o Notte prima degli esami, facendo film meno sinceri. E così, i ragazzini italiani hanno finito con il ricominciare ad andare al cinema per vedere soprattutto prodotti stranieri…