Far East Film Festival 2020: EXIT, la recensione
Yong-nam è disoccupato, single e vive ancora a casa dei suoi. La sua vita sembra essersi impantanata a tempo indeterminato ma, durante i festeggiamenti per i settant’anni della madre, la diffusione di un letale gas tossico lo costringerà a tirar fuori tutta la forza, il coraggio e la determinazione che non pensava di avere più.
Quella del disaster movie è per Exit solo una facciata, un pretesto per raccontare una personalissima storia di rivalsa per un uomo incapace di trovare il proprio posto nel mondo. Ma non è neanche un film introspettivo, anzi, Lee Sang-geun si gioca la carta vincente della commedia action ad alta quota (tutto si svolge sopra i tetti dei grattaceli di Seul) che si distanzia con forza però dai canoni e luoghi comuni del cinema mainstream occidentale. Il protagonista Yong-nam ad esempio è quanto di più lontano dall’eroe hollywoodiano, coraggioso sì ma altrettanto impacciato e più propenso alle lacrime che ad arroganti e fulminati battute ad effetto.
Una ricetta vincente insomma, che risulta magari meno spettacolare di blockbuster come Ashfall ma certamente più personale e godibile.
Voto 2,5/4
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Matteo Soi