Far East Film Festival 2022, la recensione di One Day, You Will Reach the Sea

One Day You Will Reach the Sea

Raccontare l’elaborazione del lutto e la nostalgia per sentimenti inespressi non è cosa facile, specialmente considerando quanto il cinema abbia percorso queste strade già innumerevoli volte. Per questo appare ancora davvero preziosa l’opera di Nakagawa Ryutaro One Day, You Will Reach the Sea, ennesima dimostrazione del periodo roseo che sta vivendo il cinema giapponese più intimo ed esistenziale. Si tratta probabilmente di uno dei film più belli e intensi passati al 24esimo Far East Film Festival di Udine.

La perdita in questione è quella che ha subito la giovane Mana (Kishii Yukino): tre anni prima è morta la sua migliore amica Sumire (Hamabe Minami), un lutto che Mana non è ancora riuscita a lasciarsi alle spalle. Il contatto con gli oggetti personali della ragazza defunta ci porta a un lungo viaggio a ritroso nel tempo, nel racconto di formazione di Mana e lungo le fila del rapporto simbiotico che ha unito le due ragazze dal loro primo incontro in università. Pian piano comprendiamo come il sentimento provato da Mana per Sumire sia più di un’amicizia, un amore dolcissimo e silenzioso che porta Mana a vivere una vita in stallo, incapace di superare il dolore. Sarà necessario un viaggio nei luoghi dove Sumire è scomparsa, con un’ultima parte dedicata al punto di vista di quest’ultima che ci aiuterà a comprendere meglio l’intera vicenda nella sua completezza. 

Racchiuso tra suggestivi segmenti animati e temporalmente frammentato tra presente e passato – che rivive attraverso i flashback e i video amatoriali di Sumire – One Day, You Will Reach the Sea è un film di una delicatezza disarmante, che va goduto nei suoi tempi dilatati, negli sguardi silenziosi che dicono più delle parole, nel sentimento raccontato con il medesimo pudore che esprimono Mana e Sumire e che ci lascia quello stesso senso di inafferrabilità e rimpianto che provano i personaggi. 

A rendere il film di Nakagawa Ryutaro (giovane ma con già diversi titoli all’attivo) ancora più riuscito è il parallelismo tra la storia personale delle due protagoniste e la tragedia che fa da sfondo, lo tsunami che nel 2011 fece quasi 16mila morti in Gappone (e provocò peraltro il disastro nucleare di Fukushima). Tutt’altro che forzato, l’inserimento della Storia nella vicenda intima è anzi la svolta e una delle pagine più belle del film, dove il lutto collettivo si fa strumento fondamentale per l’accettazione di quello personale. Non a caso, questi due aspetti si ricollegano in chiusura, in un finale di commovente bellezza. 

Voto: 3/4

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