Far East Film Festival 2022: la recensione di Tomb of the River

tomb of the river

Non può esserci Far East Film Festival senza gangster movie. Un tempo il genere era dominio da Hong Kong, oggi (con il cinema dell’ex colonia purtroppo in crisi evidente) sono i sudcoreani ad aver raccolto il testimone con un’ampia produzione che non lesina violenza, nichilismo e tutti i cliché adorati dagli estimatori del genere. Nell’edizione 24 del FEFF l’immancabile film di mafia è Tomb of the River diretto da Yoon Young-bin e presentato come uno dei più attesi del festival.

Purtroppo, la pellicola non è all’altezza delle aspettative e di questo fortunato filone, che Tomb of the River si limita a emulare con la precisione di un prodotto studiato a tavolino, ma senz’anima (almeno per tre quarti del film). L’ambientazione è anomala perché ai classici orizzonti metropolitani dei bassifondi di Seoul si sostituiscono le immagini da spot pubblicitario della città costiera di Gangneung, località in grande ascesa che ha ospitato le gare di hockey su ghiaccio, curling e pattinaggio durante le Olimpiadi invernali di Pyeongchang del 2018. Il film si ambienta proprio nei mesi precedenti ai Giochi, nel pieno della speculazione edilizia per rinnovare la città. Insomma, è un po’ come il Lido di Ostia in Suburra: le gang locali vogliono ovviamente guadagnarci ed è in particolare un resort di lusso il centro focale della storia. Le varie bande sarebbero anche unite senza troppi screzi o rivalità, sotto l’egida di un anziano boss e con il benestare di un poliziotto corrotto ma saggio che vuole il quieto vivere. Peccato che ci si metta di mezzo un sicario psicopatico che cerca immancabilmente la scalata al potere e colleziona una carneficina.

La guerra tra due gangster è il più classico dei canovacci del genere, ma Tomb of the River gira a vuoto per gran parte della sua durata senza trovare la quadra né un vero guizzo, con un cattivo pur affascinante (interpretato dalla superstar Jang Hyuk) di cui il regista non si preoccupa mai di indagare né raccontarci il vissuto dietro la sua brutalità animalesca (perdendo così nel confronto con altri villain più memorabili, ad esempio il brutale yakuza di Last of the Wolves visto al Feff 2021). A questo punto funzionano di più il rivale interpretato da Yoo Oh-sung, un gangster pacato e (sin troppo) “buono”, e la sua amicizia con lo sbirro. Risse e accoltellamenti abbondano – come da tradizione i gangster coreani non usano pistole ma solo coltelli e bastoni – e per fortuna il film si accende finalmente nell’ultima parte, crudele e maestosa, con un finale di cupissimo nichilismo che insiste nel dirci che “il romanticismo è morto“. I romantici che amano il gangster movie sono al contrario ancora vivi, vegeti e più appassionati che mai: Tomb of the River resta un prodotto interessante, ma è lecito pretendere da questo cinema qualcosina di più.

Voto: 2/4

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