Far East Film Festival 2023, la recensione di Phantom
Prendete una variazione sul tema al meccanismo del “whodunit” di Agatha Christie con un tot di personaggi “in trappola” in un’unità di luogo e di tempo, un bel cast corale, affascinanti costumi d’epoca da period drama, un po’ di Storia (l’occupazione giapponese in Corea) riadattata ai ritmi di un action movie e avrete Phantom, spy story coreana diretta da Lee Hae-young presentato al 25esimo Far East Film Festival.
Il film, prossimamente nelle sale italiane distribuito da Lucky Red, mescola tutti questi ingredienti al servizio di uno spettatore in cerca di un blockbuster spettacolare in sala orientale, una sorta di Knives Out che strizza l’occhio all’immaginario classico noir e spionistico per poi trasformarsi nell’ultima parte in un tripudio di sparatorie ed esplosioni. Nel 1933, dopo il tentato omicidio di un neo-governatore giapponese, cinque personaggi legati a un messaggio cifrato sono riuniti in albergo: lo spietato comandante delle guardie incaricato dell’indagine (Park Hae-soo, Squid Game) vuole scoprire chi di loro sia un Fantasma, membro di una pericolosa organizzazione segreta di spie patriote che vogliono rovesciare il governo invasore. Tra i sospettati c’è pure un altro poliziotto, che punta a scoprire a sua volta chi sia Phantom, oltre a una frivola segretaria, un crittografo, un giovane spaventato e una donna che sappiamo essere legata a colei che ha commesso l’attentato.
Sfarzoso e colmo di fascino nei dettagli su scenografia e costumi (non sempre impeccabili quanto a ricostruzione d’epoca, ma certamente splendidi), Phantom è un film che non teme minimamente il confronto con i prodotti hollywoodiani, dai riferimenti al celebre Shangai Express con Marlene Dietrich alla spettacolarità ad alto tasso di azione, per non parlare della lunga durata – 133 minuti – che ormai sembra essere una conditio sine qua non per girare un film di successo. Il risultato? Un prodotto di intrattenimento che mette moltissima carne al fuoco e risulta finanche ridondante e manierista. Quindi pienamente in linea con gli analoghi americani. Vediamo se reggerà il confronto in termini di successo di pubblico e se la Corea riuscirà a esportare con fortuna non solo il k-pop e il cinema d’autore, ma pure i film commerciali.
Voto: 2/4